Opg: è il momento della chiusura

Fine corsa

Opg: è il momento della chiusura

di redazione

Un ragazzo internato nell’OPG di Aversa dal 2007. La ragione per cui è stato internato? Resistenza a pubblico ufficiale. 

È uno dei casi in cui si sono imbattuti gli osservatori dell’Associazione Antigone che dimostrano come spesso, chi finisce negli OPG si ritrovi a vivere un periodo di detenzione molto più lungo rispetto alle pene massima da scontare se fossero stati condannati al carcere (del tema ci eravamo occupati poche settimane fa: Vedremo mai la fine degli ospedali psichiatrici giudiziari?). 

Gli osservatori dell’associazione stanno svolgendo, a partire da oggi, visite negli ospedali psichiatrici giudiziari che da domani (1 aprile) dovrebbero diventare un ricordo del passato. Il timore, però, come riportato dal report redatto dopo le prime visite dell’associazione è che si sconteranno altri ritardi.

«La situazione organizzativa riscontrata a Napoli al momento della visita, il numero di persone in entrata costante e la condizione ancora precaria delle REMS, non consentono di ritenere possibile una chiusura definitiva nei tempi previsti», si legge nel documento.

«Sappiamo che è un percorso difficile e non ci aspettiamo miracoli da un momento all’altro, ma il proseguimento di un percorso necessario dal quale non dobbiamo tornare indietro, facendoci magari spaventare da possibili difficoltà emerse in alcuni territori nell’accogliere queste persone», ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, al termine della visita ad Aversa. 

«Più visitiamo gli OPG più ci rendiamo conto che la maggior parte dei casi hanno poco a che vedere con la sicurezza pubblica», ha aggiunto Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’Associazione. «A tal proposito è importante che le REMS non ripropongano una logica per troppo tempo vista negli OPG, ma che mettano al centro un progetto di cura che non sia solo sedazione, ma un progetto terapeutico con la presa in carico sociale della persona».