Un test cutaneo per la diagnosi precoce del Parkinson

La diagnosi

Un test cutaneo per la diagnosi precoce del Parkinson

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Immagine: Maggie Bartlett, NHGRI, Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione
Una diagnosi precoce ha un doppio vantaggio: permette di iniziare prima i trattamenti e consente di reclutare i partecipanti giusti nelle sperimentazioni di nuovi farmaci, quelli che non abbiano ancora subito danni irreparabili

Un semplice test cutaneo potrebbe fornire una diagnosi accurata e precoce della malattia di Parkinson. Lo suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Movement Disorders secondo il quale la tecnica, la cui efficacia era stata dimostrata recentemente anche da uno studio italiano su Brain,  potrebbe fornire un doppio vantaggio: anticipare il riconoscimento della malattia neurodegenerativa, e di conseguenza il trattamento per rallentarne il decorso, e permettere il reclutamento nei trial clinici di pazienti allo stadio iniziale della patologia. 

Va ricordato infatti che la ricerca di nuovi farmaci per malattie con un danno progressivo come il Parkinson o l’Alzheimer è resa difficile dal fatto che mancano strumenti efficaci per individuare i partecipanti ideali delle sperimentazioni, quei pazienti nella fase iniziale della patologia che potrebbero beneficiare delle cure. L’unica possibilità di fermare le malattie neurodegenerative è quella di intervenire prima che il danno diventi irreparabile.

 

L’innovativa strategia diagnostica sembrerebbe superare questo ostacolo e aprire la strada a nuove sperimentazioni di farmaci contro il Parkinson. L’esame, eseguito su un campione di pelle (una biopsia) , consiste nel rilevamento della proteina alfa-sinucleina, il cui accumulo può essere considerato un biomarker della malattia. 

«Dal momento in cui non è attualmente disponibile un test semplice e affidabile per la diagnosi precoce di Parkinson siamo convinti che ci sarà un grande interesse per il potenziale utilizzo di campioni di pelle per la diagnosi», ha dichiarato Anumantha Kanthasamy docente di biomedicina alla Iowa State University, capo dello studio. 

I ricercatori hanno messo alla prova il test cutaneo su 50 campioni di pelle la metà dei quali apparteneva a persone con Parkinson e l’altra metà a persone senza la malattia neurodegenerativa. 

Il sistema diagnostico si è dimostrato efficace riuscendo a diagnosticare correttamente 24 casi su 25 di Parkinson e un caso nel gruppo di controllo. 

«Questi risultati indicano una sensibilità e una specificità estremamente elevate, fondamentali per un test diagnostico.L'accuratezza diagnostica clinica per la malattia di Parkinson in stadio iniziale è stata finora piuttosto scarsa, solo intorno al 50-70 per cento. E poiché gli studi clinici devono davvero essere condotti in una fase iniziale per evitare ulteriori danni cerebrali, questi studi sono stati gravemente ostacolati perché hanno incluso grandi percentuali di persone che potrebbero non avere effettivamente la malattia»,  afferma Thomas Beach, tra gli autori dello studio. 

Il test cutaneo si basa su una tecnica utilizzata in passato per la diagnosi della encefalopatia spongiforme bovina (morbo della mucca pazza) che consiste nel riconoscimento del difetto di ripiegamento della proteina alfa-sinecluina che dà origine al suo accumulo tossico associato alla malattia di Parkinson (ancora non è chiaro se come causa  o come conseguenza). Come osservato i precedenza dai ricercatori dell’Università di Milano su Brain la proteina alfa-sinecluina, prima che nel cervello, si accumula nelle terminazioni nervose periferiche nella pelle dei paziente. Ed è lì che va stanata.