Anziani. Socializzare per mantenere il cervello in forma
Gli amici fanno bene al cervello. Le relazioni sociali non migliorano solo l’umore, ma hanno un effetto quantificabile sulle performance cognitive. Ossia, come succede con i farmaci veri e propri, è possibile stabilire un rapporto dose-risposta e misurare il tempo necessario affinché la terapia agisca. Uno studio pubblicato su PLOS ONE ha infatti dimostrato che quando una persona tra i 70 e i 90 anni passa del tempo in compagnia le sue capacità mentali in quel giorno e nei giorni successivi sono migliori del solito.
I ricercatori della Penn State University hanno raccolto informazioni sulle attività quotidiane di 312 persone over 70 per 16 giorni consecutivi prendendo nota del numero e del tipo di relazioni che avevano avuto in quel periodo. Sono rientrati nel conteggio sia gli incontri in carne e ossa che le chiacchierate al telefono o lo scambio di messaggi. Ai partecipanti è stato chiesto cinque volte al giorno di riferire con quante persone fossero entrate in contatto e di specificare se gli incontri, dal vivo o virtuali, fossero stati piacevoli o sgradevoli.
Dopo ogni controllo erano previsti tre test da effettuare sullo smartphone per valutare la velocità di elaborazione delle informazioni e il livello di attenzione, la memoria di lavoro e l’associazione di concetti.
I ricercatori hanno osservato che nelle giornate con il maggior numero di relazioni, soprattutto con gli amici, i punteggi nei test cognitivi erano più alti rispetto ai periodi di solitudine.
I benefici delle relazioni sociali sul cervello duravano fino ai due giorni successivi ai momenti condivisi con qualche persona speciale, un amico o un parente. Gli effetti negativi dell’isolamento sul cervello sono noti da tempo e sono emersi in maniera ancora più evidente durante la pandemia che ha costretto molte persone anziane al distanziamento e alla solitudine. Il nuovo studio conferma quanto già dimostrato in precedenza ma, invece di sottolineare gli effetti dannosi della mancanza di relazioni, si concentra sui benefici quantificabili delle interazioni personali.
«Il nostro studio è uno dei primi a dimostrare che le interazioni sociali avute un tale giorno possono avere un’influenza immediata sulle performance cognitive lo stesso giorno e anche nei giorni successivi. La scoperta che i benefici cognitivi delle interazioni sociali piacevoli possano manifestarsi in un periodo di tempo così breve è stata una felice sorpresa e potrebbe essere un'area promettente per l’analisi di strategie di intervento», afferma Ruixue Zhaoyang del Center for Healthy Aging di Penn State che ha guidato lo studio.
Secondo l'Alzheimer's Association, più di sei milioni di americani vivono attualmente con la malattia di Alzheimer ed entro il 2050 potrebbero diventare più del doppio. Durante la pandemia inoltre i decessi per malattia di Alzheimer e altre demenze sono aumentati del 16 per cento.
Gli autori dello studio sottolineano quanto sia importante, in assenza di terapie farmacologiche, trovare modi per aiutare a prevenire le demenze prima che la situazione diventi irrecuperabile.
«La malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza hanno un impatto pesante sui pazienti, sulle loro famiglia e sugli operatori sanitari. È importante trovare fattori di rischio modificabili per il declino cognitivo prima di arrivare alla fase clinica della malattia di Alzheimer. L'isolamento sociale negli anni della vecchiaia è un fattore di rischio per la demenza ma anche uno su cui si riesce a intervenire», sottolinea Zhaoyang. Chi trova un amico trova un tesoro, ma trova anche un toccasana per il cervello.