Aumentano le critiche alla piattaforma GISAID: è poco trasparente e nega l’accesso ai dati

Il caso

Aumentano le critiche alla piattaforma GISAID: è poco trasparente e nega l’accesso ai dati

DNA_representation.jpg

Immagine: Andy Leppard, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
I criteri della condivisione dei dati sono poco trasparenti. È questa la denuncia raccolta da Nature di alcuni scienziati che si sono visti negare l’accesso alla piattaforma per ragioni a loro dire non giustificate. Il lato positivo è che è semplice da usare. Forse basterebbe correggerne i difetti

L’acronimo sta per “Global Initiative on Sharing Avian Influenza Data”. Perché la piattaforma on line GISAID era stata lanciata nel 2008 in risposta all’epidemia di aviaria del 2006 come modello di condivisione dei dati genomici dei virus influenzali. L’idea era quella di realizzare un gigantesco archivio di informazioni sui virus dell’influenza che potesse accelerare la ricerca di vaccini o di terapie. Il nome non è più stato cambiato, ma, nel database di GISAID sono finiti diversi agenti patogeni, oltre ai virus influenzali. Durante la pandemia il sistema è stato utilizzato quasi esclusivamente per il monitoraggio delle varanti di Sars-Cov2:  attualmente ospita circa 15 milioni di sequenze del genoma di Sars-Cov-2 e circa 2 milioni di dati sui virus influenzali. La maggior parte delle pubblicazioni su Covid prendono il materiale da lì. 

In linea teorica la piattaforma dovrebbe essere facilmente accessibile chiedendo il rispetto di poche regole. Una volta inseriti su GISAID, i dati diventano disponibili agli utenti registrati che acconsentono a non pubblicare la sequenza senza permesso.  Nel caso in cui qualche ricercatore volesse pubblicare uno studio basandosi sui dati presenti nella piattaforma, dovrebbe impegnarsi a collaborare con i colleghi che hanno prodotto quei dati. 

Ma qualcuno ha cominciato a sospettare che queste regole venissero spesso trasgredite e che il meccanismo di acquisizione e di diffusione dei dati non fosse del tutto trasparente. 

Inoltre, viene contestato il fatto che gli archivi non sono completamente aperti, come inizialmente era stato annunciato.  Le critiche a GISAID sono finite sulle pagine di Science, dell’Economist e di Nature.  

Il problema sollevato è sempre lo stesso: molti scienziati affermano che il modo in cui GISAID controlla l’accesso, permettendo o meno agli utenti di entrare nel sistema, è arbitrario. 

Lo scorso marzo, per esempio, era stato temporaneamente revocato l'accesso alla piattaforma a un gruppo di scienziati che stava indagando sulle origini della pandemia e aveva pubblicato un rapporto online basandosi sui dati dei tamponi prelevati al mercato Wuhan.  Secondo GISAID i ricercatori avevano violato i termini di utilizzo della piattaforma. Gli autori si erano difesi affermando di aver citato nel loro lavoro gli scienziati che avevano fornito i dati e di avergli offerto di collaborare alla ricerca.

Poco dopo usciva su Science una inchiesta sui retroscena della piattaforma che coinvolgeva il suo presidente, Peter Bogner un imprenditore dal “passato oscuro” (come si legge su Science) entrato nel nel campo della virologia nel 2006 senza alcun legame noto con la ricerca o con la politica sanitaria. Del consiglio scientifico di GISAID fanno parte 12 persone, ma sembra che sia Bogner stesso a prendere la maggior parte delle decisioni. L’unico finanziatore ufficiale citato nel sito web di GISAID è la Rockefeller Foundation. 

Nell’inchiesta di Science venivano raccolte testimonianze di alcuni scienziati a cui era stato negato l’accesso al database senza una giustificazione valida.  Ci si chiede come mai, nonostante i suoi difetti, GISAID resti la piattaforma preferita degli scienziati. La risposta è semplice: perché ha un sistema di caricamento dei dati molto rapido e intuitivo. 

Non è chiaro quale potrebbe essere un’alternativa migliore.  Anche chi ritiene necessario costruire una nuova piattaforma, più trasparente e regolamentata, sostiene che la futura struttura non dovrebbe essere molto diversa da quella attuale. «Dal punto di vista della piattaforma, GISAID ha effettivamente svolto un ottimo lavoro nel gestire l’equilibrio tra la condivisione rapida e aperta rispetto al mantenimento di una qualche forma di proprietà sui dati», ha dichiarato a Nature Richard Webby, esperto di malattie infettive presso il St. Jude Children's Research Hospital di Memphis, Tennessee, ed ex membro del consiglio consultivo scientifico di GISAID. Se  così fosse, basterebbe correggere i difetti di GISAID per poter assicurare la condivisione di dati utili per la salute globale.