È possibile prendere l’Alzheimer con una trasfusione?

Il sospetto

È possibile prendere l’Alzheimer con una trasfusione?

di redazione
Ci sono due notizie: la buona dice che potrebbero arrivare nuove opzioni terapeutiche, la cattiva dice che la malattia neurodegenerativa potrebbe trasmettersi con un trasferimento di sangue da una persona malata a una sana. Lo studio su Molecular Psychiatry è stato condotto sui topi

L’allarme insieme alla buona notizia, il timore insieme alla speranza. Una ricerca pubblicata su Molecular Psychiatry lascia intravedere due scenari opposti. Gli scienziati della University of British Columbia di Vancouver hanno mostrato che la beta-amiloide, proteina coinvolta nello sviluppo dell’Alzheimer, può trasferirsi dal sangue al cervello e lì accumularsi fino a formare le fatali placche all’origine della malattia neurodegenerativa. Da qui seguono due possibilità: la prima preoccupa, la seconda fa ben sperare. 

La prima: se la beta-amiloide presente nel circolo sanguigno può arrivare al cervello è possibile che l’Alzheimer possa essere contratto per cause esterne. La seconda: se la beta-amiloide circolante è una delle responsabili della malattia, sarà più facile raggiungerla con i farmaci: il sangue è più accessibile del cervello. 

I ricercatori canadesi si muovono su un terreno finora poco esplorato. Qualcuno prima di loro aveva dimostrato in studi su animali che la beta-amiloide era in grado di raggiungere il cervello una volta iniettata nel circolo sanguigno, ma nessuno poi ne aveva seguito il destino fino a scoprire se fosse effettivamente capace di formare le micidiali placche.

Questo passo è stato compiuto da Weihong Songe e dai suoi colleghi ricorrendo a una procedura trasfusionale avanzata, la parabiosi: più che di una trasfusione si tratta infatti di una condivisione della stessa circolazione sanguigna. L’esperimento è stato condotto su sei coppie di topi unite chirurgicamente per un anno con la circolazione sanguigna in comune. In uno  degli animali della coppia era stata introdotta la mutazione genetica per sviluppare l’Alzheimer, l’altro esemplare era sano. 

Dopo un anno, come previsto, il cervello del topo mutato presentava le tipiche placche della beta amiloide. Meno scontato il secondo risultato: le placche si trovavano anche nel cervello dei topo sani, pur se in quantità inferiori rispetto ai compagni malati. Inoltre negli animali non mutati erano presenti altri segni di deterioramento correlati all’Alzheimer, come infiammazione, microemorragie e la presenza della proteina Tau anche lei collegata alla malattia. Il gruppo di controllo era formato da animali sani e liberi che non avevano contratto la malattia. I risultati non suggeriscono che l’Alzheimer sia prevalentemente causato da fattori presenti nel sangue. «Continuiamo a pensare che l’Alzheimer sia una malattia del cervello - afferma Song, principale autore dello studio - Ma gli elementi circolanti nel sangue potrebbero avere il poter in alcuni casi di dare una spinta allo sviluppo della malattia». 

La beta-amiloide viene prodotta dalle cellule nel cervello, ma anche dalle piastrine, dalle cellule della pelle, dai muscoli e da altre parti del corpo. 

«Normalmente c’è un equilibrio tra la beta-amiloide dentro e fuori il cervello - dice Song - Ma quando questo equilibrio viene interrotto come per esempio con l’eccessiva produzione di proteine o quando la barriera sanguigna cerebrale si deteriora con l’età, il cervello può riceverne una dose extra».

I ricercatori immaginano che sia possibile in futuro puntare a ridurre il rifornimento dall’esterno di beta-amiloide per rallentare o prevenire lo sviluppo dell’Alzheimer.