Anziani fragili: l’assistenza domiciliare cresce, ma troppo poco

Italia longeva

Anziani fragili: l’assistenza domiciliare cresce, ma troppo poco

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Immagine: jaocampoz, CC0, via Wikimedia Commons
di redazione
Nei prossimi tre anni un altro milione di italiani supererà i novanta anni. E tra venti anni gli anziani sfioreranno i 19 milioni, un terzo dei quali saranno over-65 soli e a rischio di isolamento. Per affrontare la pressione demografica è indispensabile potenziare le cure sul territorio

Gli over-65 che possono contare su cure a casa sono passati dai 252 mila (1,95% del totale) del 2014 ai quasi 550 mila (3,89%) del 2023. Stando ai dati delle Regioni, gli anziani che nell’ultimo anno sono stati assistiti a domicilio sarebbero oltre 80 mila in più rispetto al 2022. C’è poi un altro 2,88% di ultra 65enni (404.235 persone) che ha ricevuto cure residenziali (Rsa) nell’ultimo anno.

Nei prossimi venti anni si stima saranno all’incirca 6 milioni gli over-65 soli e a rischio di isolamento. Oggi il 64% delle persone con demenza, tra le prime cause di perdita di autonomia negli anziani, non viene preso in carico in una struttura sociosanitaria, con un onere fortissimo per milioni di famiglie. Va poi considerato che laddove c’è meno assistenza domiciliare aumentano gli accessi al Pronto soccorso e i ricoveri inappropriati e, dunque, la spesa a carico del servizio sanitario pubblico.

È quanto emerge dall’Indagine 2024 di Italia Longeva che, a partire dai dati del Sistema informativo del ministero della Salute, fotografa l’andamento nel nostro Paese dell’assistenza territoriale offerta ai cittadini fragili. Il Report è stato presentato martedì 16 luglio a Roma, nel corso della nona edizione degli “Stati Generali dell’assistenza a lungo termine - Long-Term Care NINE”, l’appuntamento annuale di Italia Longeva.

«Leggiamo con cauto ottimismo i numeri sull’Assistenza domiciliare integrata forniti dalle Regioni» commenta Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva. «L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie ad esso correlate ci impongono di premere l’acceleratore per potenziare e rendere più omogenea l’assistenza sul territorio. Continuiamo a concentrarci sull’ADI – precisa Bernabei - perché siamo convinti che sia l’unica risposta possibile di un servizio sanitario in grado di affrontare e non di subire l’assistenza agli anziani. Pensiamo agli accessi in Pronto soccorso e ai ricoveri inappropriati, ma anche alla necessità di garantire la messa in sicurezza dei pazienti fragili che vengono dimessi dall’ospedale, soprattutto di coloro che sono privi di un supporto familiare».

L'Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas) ha calcolato, sui dati delle schede di dimissione ospedaliere (Sdo) 2019, che sono state 600 mila le giornate di degenza inappropriate all’anno per gli over-70, solo per la gestione di cronicità come diabete e ipertensione. Degenze inappropriate che contribuiscono al sovraffollamento degli ospedali e all’aumento delle liste d’attesa, nonché al fenomeno delle dimissioni tardive per mancata disponibilità di presa in carico sul territorio.

«Potenziare i servizi di long-term care, in particolare le cure domiciliari – sostiene Bernabei - significa costruire un ponte tra ospedale e casa, e dare finalmente un’assistenza congrua ai nostri anziani».

L’Indagine 2024 di Italia Longeva ha aperto una finestra sulla demenza, che in Italia interessa 1,5 milioni di persone, oltre 600 mila delle quali con malattia di Alzheimer, a culi si aggiungono altri 900 mila italiani con diagnosi di pre-demenza.

«L’Italia sta facendo passi in avanti nell’organizzazione e nell’offerta dei servizi di Adi e Rsa – sottolinea Davide Vetrano, geriatra ed epidemiologo, consulente scientifico di Italia Longeva - che rappresentano le due componenti cruciali di una risposta sanitaria coerente alle esigenze degli anziani più fragili. Il panorama geografico delle cure domiciliari – precisa - resta estremamente variegato: Molise, Abruzzo, Basilicata, Toscana e Umbria sono quelle che fanno meglio, con tassi di copertura di Adi superiori al 4,5%. Per quanto riguarda le cure residenziali, sono poco più di 400 mila gli over-65 che ne hanno beneficiato nell’ultimo anno, ancora una volta con una distribuzione a macchia di leopardo». In questo caso, tassi di residenzialità più elevati si registrano nelle Regioni del Nord: Provincia autonoma di Trento (9,9%), Veneto (5,9%), Piemonte (5,4%), Lombardia (4,6%) e Provincia autonoma di Bolzano (4,3%).

«Per affrontare efficacemente la fragilità degli anziani – dice ancora Bernabei - sono necessari setting assistenziali, conoscenze e competenze specifiche, e la capacità del sistema di assicurare la continuità della presa in carico tra i diversi livelli e luoghi di cura. Innanzitutto prendendo in carico gli anziani nel proprio ambiente domestico il più a lungo possibile, fornendo cure mediche, infermieristiche e riabilitative e supporto adeguati per mantenere una buona qualità della vita. Ma il principio guida di questa rete di assistenza – precisa il presidente di Italia longeva - è quello di trovare la migliore soluzione assistenziale per il paziente sul territorio, a seconda della complessità dei suoi bisogni: servizi di Adi, accesso in Rsa, strutture di lungodegenza o hospice, in cui ciascun attore, professionista, caregiver, gioca la sua parte per dare risposte coerenti alle esigenze degli anziani».

Insomma, è «necessaria un’accelerazione dell’offerta dei servizi di Adi e Rsa per affrontare le sfide assistenziali di cronicità e demenze e ridurre i ricoveri inappropriati. La mancata gestione dell’invecchiamento – avverte Bernabei - rischia di diventare la vera malattia dell’Italia».