L’appello: coinvolgere i malati in ogni fase trial clinici
Recepire il principio della partecipazione dei pazienti in tutte le fasi della ricerca clinica, indicato nel Regolamento europeo e nella Legge attuativa italiana (Legge Lorenzin), ma rimasto finora inattuato nei Decreti applicativi. È questo l’appello che arriva dal gruppo 'Persone non solo pazienti’, un'alleanza di 16 associazioni di pazienti rappresentative di diverse aree patologiche, sostenuta da Fondazione Roche. La richiesta, è stata lanciata nel corso dell'evento 'La normativa sulla sperimentazione clinica: ostacoli, opportunità e il ruolo delle Associazioni pazienti', ospitato a Roma presso il Centro Studi Americani.
«La partecipazione delle associazioni di pazienti ai trial clinici è fondamentale, in tutte le sue fasi, per portare le esperienze, il vissuto e le conoscenze dirette dei pazienti nel cuore della ricerca e dell’innovazione», ha sottolineato Antonella Celano, presidente dell'Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare. «Il coinvolgimento dei pazienti nei trial clinici, oltre a essere una scelta di grande valenza etica è anche uno strumento essenziale per rendere più fluido l'iter della sperimentazione clinica, in quanto può favorire una maggiore efficienza nello sviluppo dei farmaci e il loro successivo impiego secondo criteri di appropriatezza».
«Da tempo, infatti, le istituzioni e gli sperimentatori hanno riconosciuto l'importanza di ottimizzare e rendere più fluidi i protocolli di sperimentazione dei farmaci sull’uomo», afferma Mariapia Garavaglia, presidente Fondazione Roche. «Portare il punto di vista di chi affronta in prima persona la malattia nel cuore della sperimentazione fa sì che le terapie possano essere costruite sempre più a misura del paziente, accelerando il percorso della ricerca clinica, con la possibilità di far arrivare prima i farmaci alla disponibilità dei malati e contribuire a ridurre i costi organizzativi, con vantaggi per la ricerca, la salute dei pazienti e la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Questa partecipazione ha inoltre una grande valenza in termini di farmacovigilanza», ha concluso.
La possibilità di accelerare il percorso dei farmaci, senza saltare alcuna fase della sperimentazione, è stata messa in evidenza dall'emergenza Covid. «La pandemia è stata un grande acceleratore di ricerca con un forte coordinamento nazionale ed europeo, ma soprattutto una condivisone rapida dei dati, con un sistema di pubblicazione dei risultati a livello internazionale», dichiara Giuseppe Ippolito, direttore generale della Ricerca e dell'Innovazione in sanità del ministero della Salute. «È necessario consentire un rapido accesso all'innovazione terapeutica e il paziente diventa sempre più centrale nella conduzione delle sperimentazioni, con un ruolo che non è limitato a dare il proprio consenso ad esse, ma che comprende anche il monitoraggio di tutte le diverse fasi, dando ai pazienti la certezza che si tratta di reale innovazione attraverso percorsi codificati di cui le Agenzie regolatorie sono garanti», ha aggiunto.
Secondo i dati disponibili più recenti, in Italia nel 2019 sono state approvate 672 nuove sperimentazioni cliniche, pari al 23% di quelle approvate nell'Unione Europea. Una quota importante che rischia però di contrarsi se non si supereranno i ritardi nell'attuazione del Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche, emanato nel 2014 con l'obiettivo di rendere l'Europa un ambiente attrattivo per lo svolgimento delle sperimentazioni. Il Regolamento ha avuto un passaggio decisivo con l'entrata in vigore, lo scorso 31 gennaio, del Clinical Trials Information System, punto di accesso unico per la presentazione e l'autorizzazione delle domande di sperimentazione clinica nell'Unione Europea e nei Paesi dello spazio economico europeo. L'Italia è tra i Paesi tuttora in ritardo nell’attuazione, affidata alla 'Legge Lorenzin' (la n.3 dell'11 gennaio 2018) poi convertita nel Dlgs 52/2019 che prevede una serie di misure attuative, in gran parte non ancora emanate, a cominciare da quella relativa alla riorganizzazione dei Comitati Etici.
«La competizione sulle sperimentazioni cliniche oggi non è tra aziende, ma tra Paesi. È quindi nell'interesse di tutti vincere questa competizione perché i Paesi più competitivi attraggono un maggior numero di studi clinici con i relativi investimenti», spiega Maurizio de Cicco, componente del Comitato di presidenza di Farmindustria. «Da gennaio ad aprile 2022, secondo un Report pubblicato da EMA, sono state presentate 56 domande di sperimentazioni cliniche sulla base delle nuove procedure del Regolamento europeo. Di queste, solo 12 in Italia, perché gli sponsor tendono a concentrare gli studi nei Paesi che sono già in regola con le nuove norme. È indispensabile completare l'attuazione del nuovo Regolamento europeo in modo da far esprimere al meglio anche le eccellenze cliniche che a livello internazionale vengono riconosciute all'Italia e avere la possibilità di competere con gli altri Paesi. Sono grandi opportunità per il Paese e la ricerca che non bisogna perdere».
Parte integrante della ricerca clinica è la ricerca accademica indipendente che nel tempo ha generato importantissimi risultati utili alla pratica clinica.
«I futuri successi della ricerca indipendente passeranno probabilmente dall'applicazione di alcuni concetti che il Regolamento Europeo e recenti interventi legislativi italiani propongono, primi tra tutti l'opportunità di uniformare il più possibile i propri standard a quelli della ricerca a scopo registrativo e l'implementazione di modelli di partnership trasparente ed efficiente tra pubblico e privato nella promozione e gestione delle ricerche cliniche (co-sponsorship)», chiarisce Dario Manfellotto, presidente della Federazione delle associazioni dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi). «La recente approvazione delle norme che permettono di utilizzare per fini registrativi i risultati delle ricerche no-profit o non sponsorizzate, garantendo la copertura dei costi sostenuti dal Servizio sanitario nazionale e un riconoscimento per il valore generato dal promotore indipendente, può rappresentare un volano per la ricerca clinica nel nostro Paese».
Tuttavia, nell'attuazione del Regolamento europeo, a mancare all'appello finora è proprio il principio espressamente indicato nella Legge Lorenzin relativo al coinvolgimento delle associazioni di pazienti in tutte le fasi della sperimentazione, che permette di definire gli obiettivi delle sperimentazioni in modo più rispondente alle reali esigenze dei pazienti in termini di efficacia, sicurezza, funzionalità e sopravvivenza.
«La centralità dei pazienti e delle loro associazioni nel sistema della ricerca clinica è ormai un dato assodato, come dimostra anche l'impostazione della recente iniziativa lanciata dalla Commissione europea insieme alle Agenzie regolatorie nazionali e a EMA, in contemporanea all'applicazione del Regolamento europeo, Accelerate Clinical Trials in the EU (ACT EU)», afferma Sandra Petraglia, dirigente Area pre-autorizzazione dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). «Una delle azioni prioritarie di ACT EU è infatti dedicata alla creazione di una piattaforma multistakeholder che vede al centro i pazienti e le associazioni di pazienti, con un loro coinvolgimento diretto per disegnare in maniera proattiva uno sviluppo dei farmaci che sia effettivamente orientato alle esigenze dei pazienti. È quindi da auspicare che il ruolo delle associazioni pazienti trovi una sua collocazione più definita e formale mediante futuri aggiornamenti normativi, in linea non solo con quanto già avviene a livello dell'EMA, ma anche con quanto fatto per il Centro di coordinamento dei Comitati etici, nel quale ormai già da quattro anni le associazioni dei pazienti, che sono presenti a pieno titolo e con parità di ruolo, portano avanti con competenza e autorevolezza le istanze e il punto di vista fondamentale dei pazienti».
«La parola chiave è medicina partecipativa», ha affermato Salvo Leone, direttore generale dell'Associazione nazionale per le malattie infiammatorie dell'intestino (Amici). «Il medico fornisce le competenze di tipo clinico, il paziente porta il proprio percepito e il vivere al di fuori dell'ospedale. Non vogliamo mettere in competizione il mondo scientifico e quello dei pazienti- ha chiarito- ma parlare di compartecipazione».