Diabete di tipo 1: lo screening nei bimbi riduce del 94% il rischio di gravi complicanze
La diagnosi precoce del diabete di tipo 1 riduce del 94% il rischio di gravi complicanze e, grazie allo screening, oltre 450 bambini ogni anno potrebbero evitare la chetoacidosi, la più pericolosa conseguenza, a volte fatale, della malattia. A dare la notizia, in occasione della Giornata mondiale del diabete, sono gli esperti della Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siep), che hanno messo a confronto i risultati ottenuti da due studi pubblicati sulla rivista Diabetologia, condotti sulla popolazione pediatrica, con e senza screening del diabete.
In tutto il mondo sono 8,4 milioni le persone con diabete di tipo 1, con mezzo milione di nuovi casi diagnosticati in età infantile. Uno scenario che riguarda anche l’Italia, dove si stima che vi siano presenti 20 mila bambini con diabete di tipo 1, con una prevalenza di chetoacidosi tra le più alte.
Questa grave complicanza si sviluppa quando l'organismo non riesce a produrre abbastanza insulina e inizia a scomporre i grassi per alimentare i processi metabolici, con un accumulo di acidi nel sangue, chiamati appunto chetoni, provocando, nei bambini colpiti, alterazioni neurologiche che, nelle forme più gravi, possono arrivare a metterne in pericolo la vita.
Dall’approvazione della legge 130/2023 che ha istituito in Italia, primo Paese al mondo, un programma nazionale di screening pediatrico, proprio con l’obiettivo principale di prevenire la chetoacidosi. Un progetto pilota in quattro Regioni, ne ha confermato la fattibilità ed entro il prossimo anno sarà possibile estenderlo su scala nazionale. «Il progetto, partito a marzo 2024, ha finora coinvolto 3.600 bimbi - ricorda Valentino Cherubini, presidente della Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siep) - e quelli risultati positivi, sulla base dei dati più aggiornati, sono stati lo 0,23%.Considerato che lo screening sarà effettuato in bimbi tra i due e i tre anni e ripetuto tra i cinque e i sette anni di età, se tutti effettueranno i test, si prevede che 1.113 bimbi saranno positivi a due o più anticorpi, con rischio certo di sviluppare la malattia. E grazie alla riduzione al 2,5% della comparsa di chetoacidosi, resa possibile con l’introduzione dei test pediatrici in tutto il Paese, oltre 450 bimbi ogni anno potranno evitare la terribile complicanza».
Disponibile teplizumab per uso compassionevole. Il farmaco è disponibile a partire dai bimbi di età pari o superiore a otto anni con diabete di tipo 1 di stadio 2, positivi a due o più autoanticorpi caratteristici della malattia e con condizione di disglicemia. L’utilizzo per uso compassionevole sarà consentito anche nei centri di diabetologia pediatrica che ne faranno richiesta. Si tratta di un anticorpo monoclonale che si somministra una volta al giorno per due settimane ed è capace di rallentare la progressione della malattia legandosi a specifiche cellule del sistema immunitario. «Come emerso da uno studio su 76 pazienti con diabete di tipo 1 in stadio preclinico, dopo circa 51 mesi dalla somministrazione del farmaco - – spiega Cherubini - il 45% dei 44 pazienti che hanno ricevuto l’anticorpo monoclonale è stato diagnosticato con diabete di tipo 1, rispetto al 72% dei 32 pazienti che hanno ricevuto un placebo, con un ritardo significativo nell'esordio della malattia».