Farmaci orfani: Italia seconda in Europa con 50 terapie disponibili e immissione in commercio più veloci della media UE
Con 50 farmaci orfani disponibili all’inizio del 2023 (l’82% di quelli approvati dall’EMA tra il 2018 e il 2021), l’Italia è seconda solo alla Germania, dove i farmaci orfani disponibili sono 55. Non è l’unico dato positivo del VII Rapporto Annuale OSSFOR intitolato “Malattie Rare e Farmaci Orfani verso una nuova governance”. Ce ne sono altri, come la progressiva riduzione del tempo medio nazionale di movimentazione a livello regionale dei farmaci autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che è passato da circa 407 giorni (circa 14 mesi) nel 2016 a circa 161 (circa 6 mesi) nel 2021. A ciò si aggiunge, per completare le buone notizie, un aumento del numero delle malattie rare note giunto a circa 10mila.
Ma accanto alle luci compaiono le ombre: secondo quanto rilevato da Osservatorio Malattie Rare (OMaR) in una survey condotta tra marzo e maggio del 2023, in collaborazione e con il coinvolgimento delle oltre 430 associazioni dell’Alleanza Malattie Rare-AMR, le persone con malattie o tumori rari incontrano difficoltà nell’ottenere il pieno riconoscimento del percorso assistenziale (42,9%), nell’avere supporto psicologico (48,42%) e aiuti economici (33,21%) e nel vedersi riconosciuta l’invalidità civile (30,23%). La malattia continua a pesare troppo sul bilancio delle famiglie che avrebbero diritto ai finanziamenti già previsti, ma mai attuati, dal Testo Unico Malattie Rare.
Il supporto psicologico potrebbe, e a volte è, previsto dai Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), ma questo è un ambito ancora tutto da sviluppare.
Il VII Rapporto Annuale OSSFOR è stato redatto da Osservatorio Malattie Raree dal Centro per la Ricerca Economica Applicata alla Sanità (C.R.E.A. Sanità), in collaborazione con Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, European Confederation of Pharmaceutical Entrepreneurs-EUCOPE, IQVIA, GdL Malattie Rare e Farmaci Orfani della Società Italiana di Farmacologia-SIF, Assobiotec, Farmindustria e con il contributo non condizionante di Amicus Therapeutics, Chiesi Global Rare Diseases Italia, Janssen Italia, Kyowa Kirin, PTC Therapeutics, Sanofi, Sobi Italia e Takeda.
«I dati raccolti nel VII Rapporto Annuale OSSFOR evidenziano che, nonostante ci sia una crescente disponibilità di farmaci orfani a livello nazionale, anche rispetto agli altri Paesi europei, le criticità rimangono, e sono rilevanti, quando dal nazionale si passa a osservare il territorio, dove i problemi riguardano sia i servizi sanitari che quelli socio-assistenziali. Senza dimenticare che la Legge 175/2021, nota come Testo Unico sulle Malattie Rare, è ancora in buona parte inattuata, a causa della mancanza di alcuni decreti attuativi. Occorrono risposte non più rimandabili, perché l’equità di accesso ai servizi per la salute deve essere garantita a tutti, così come sancito dalla nostra Carta Costituzionale. Per questo motivo è necessario che il lavoro di tutta la comunità delle malattie rare, unita, si concentri sul miglioramento dei servizi regionali e territoriali», ha spiegato Francesco Macchia, Coordinatore di Osservatorio Farmaci Orfani-OSSFOR.
La disponibilità dei farmaci orfani in Italia
In Italia, il tempo che intercorre tra la richiesta di autorizzazione e l’immissione in commercio in ambito nazionale, per i 158 farmaci presenti nelle liste AIFA pubblicate dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2022, è di 20 mesi. Complessivamente, il processo di negoziazione nazionale passa da 17 mesi per i farmaci autorizzati da EMA fino al 2005 a 22 mesi per quelli autorizzati dopo il 2021. In generale, malgrado i tempi allineati con quelli medi europei, solo il 15 per cento dei farmaci analizzati ha avuto una durata del processo di autorizzazione nazionale inferiore ai 100 giorni previsti. È quanto emerge dallo studio realizzato da CREA Sanità e inserito nel VII Rapporto OSSFOR.
L’andamento rilevato dall’indagine CREA è confermato anche dai dati che emergono dall’analisi della disponibilità e dei tempi di accesso dei farmaci orfani realizzata nell’ambito dello studio Patients W.A.I.T. (Waiting to Access Innovative Therapies), condotto da IQVIA in collaborazione con EFPIA - European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations. Si tratta del più ampio studio europeo sulla disponibilità di farmaci orfani e sui relativi tempi di accesso ai pazienti nei singoli Paesi. L’indagine copre attualmente 37 Paesi (27 dell’UE e 10 non UE) e fornisce un quadro completo dei farmaci approvati a livello europeo. L’analisi proposta nel VII Rapporto OSSFOR include 168 farmaci innovativi che hanno avuto autorizzazione da parte della European Medicines Agency (EMA) all’immissione in commercio tra il 2018 e il 2021, fra cui 61 farmaci orfani.
Secondo lo studio IQVIA, i farmaci orfani disponibili in Italia all’inizio del 2023 sono 50, pari all’82 per cento del totale dei 61 prodotti approvati dall’EMA tra il 2018 e il 2021. Il nostro Paese si posiziona dunque al secondo posto, dietro alla Germania che ha l’accesso diretto (55 FO), per disponibilità di farmaci orfani. Subito dietro all’Italia, troviamo la Francia (48 FO) e l’Austria (47). A questo dato si aggiunge la disponibilità parziale del 10% dei farmaci orfani in Italia, rispetto alla disponibilità completa in Germania.
«L’analisi relativa alla disponibilità e ai tempi di accesso ai farmaci orfani evidenzia che l’Italia è uno dei primi Paesi per numero di FO disponibili, con tempi di accesso alle liste di rimborsabilità di circa 3-5 mesi più brevi rispetto alla media degli altri Paesi europei. Dallo studio, dunque, l’Italia emerge come uno dei Paesi europei che meglio garantiscono l’accesso ai farmaci orfani. Esistono tuttavia ulteriori margini di miglioramento nell’accelerazione e nello snellimento dei processi per l’immissione nelle liste di rimborsabilità a livello nazionale e delle singole Regioni», ha commentato Isabella Cecchini, Responsabile Centro Studi IQVIA e Direttrice Primary Market Research IQVIA Italia.
La spesa
Sul fronte della spesa per i farmaci orfani, secondo le rilevazioni effettuate dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e riportate nel VII Rapporto OSSFOR, nel 2022 il nostro Paese ha speso 1,98 miliardi di euro (in rialzo del 29% rispetto al 2021), una cifra che rappresenta circa il 6 per cento della spesa farmaceutica a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). I consumi invece, si attestano a 11,4 milioni di dosi (+35,7% rispetto all’anno precedente), pari allo 0,04 per cento del consumo complessivo di farmaci. Dal 2013 al 2022 il tasso di crescita annuale per la spesa dei farmaci orfani è stato circa il doppio rispetto a quello degli altri farmaci acquistati dalle strutture del SSN: in questo decennio la spesa per i farmaci orfani si è più che triplicata (+225%). L’aumento di spesa è accompagnato dall’aumento dei consumi, che nell’ultimo decennio si sono raddoppiati (+103%).
«L’aumento della spesa a fronte di un consumo maggiore di farmaci orfani indica una disponibilità crescente di cure per le persone affette da malattie rare: uno dei tanti elementi a sostegno dell’approccio secondo cui il denaro impiegato in sanità sia un investimento e non solo una spesa», ha sottolineato Federico Spandonaro, Presidente Comitato Scientifico C.R.E.A. Sanità.
Sul fronte industriale, sono 53 le aziende farmaceutiche che producono farmaci orfani, con un fatturato SSN medio pari a 160 milioni di euro annui e un’incidenza media per farmaci orfani pari al 24 per cento. «Da questi dati, si evince come le aziende a maggior ‘prevalenza’ di fatturato per farmaci orfani, aziende che potremmo definire ‘specializzate’ in farmaci orfani, hanno un fatturato SSN complessivo mediamente più basso delle altre aziende operanti nel panorama italiano. Un elemento che non ha un valore solo economico, ma anche etico perché indica lo spirito ‘di missione’ con cui queste aziende operano», ha concluso Francesco Macchia.
Gli studi clinici
Le malattie e i tumori rari rappresentano le aree terapeutiche più attive per quanto riguarda il numero di studi clinici avviati, con una costante crescita nell’ultimo decennio, fino a rappresentare nel 2022 rispettivamente il 40 per cento e il 33 per cento del totale di studi clinici iniziati. Questi dati, ricavati da un’analisi effettuata da IQVIA per il VII Rapporto OSSFOR, «dimostrano come il Regolamento europeo 141/2000 stia dando i propri frutti. Un trend positivo sul quale i rappresentanti dell’industria farmaceutica e tutto il mondo delle malattie rare chiedono di tenere alta l’attenzione nell’ambito della revisione del Regolamento attualmente in corso, affinché il buon lavoro fatto e i risultati ottenuti finora non vadano perduti», sottolinea Macchia.
Le difficoltà dei malati rari
L’Osservatorio Malattie Rare (OMaR) e realizzato in collaborazione con Alleanza Malattie Rare-AMR ha condotto un’indagine che ha coinvolto 1.105 persone, in maggior parte pazienti (il 56,83%), seguiti dai caregiver (il 38%) e da una quota rimanente di persone che hanno risposto in rappresentanza delle associazioni pazienti, per valutare le difficoltà incontrate nel percorso terapeutico, dalla diagnosi alla presa in carico.
Più della metà dei partecipanti, il 53,3 per cento, ha riferito di aver avuto difficoltà nell’ottenimento della diagnosi, arrivata tra 1 e 3 anni (23,44%) o anche oltre i 3 anni (25,88%). Il 65,79 per cento dei pazienti ha ricevuto la diagnosi da un Centro della propria Regione e questo è un dato probabilmente migliore che in passato, ma resta tuttavia un 22,9 per cento di persone che ha dovuto spostarsi. E se la diagnosi spesso si riesce a ottenere “in casa”, non è proprio così per la presa in carico che solo il 49,05 per cento dice di aver ottenuto presso Centri di riferimento della propria Regione di residenza.
Non è un caso che le risposte fornite dai rappresentanti delle Associazioni che hanno partecipato alla survey indichino come criticità da risolvere in via prioritaria lo sviluppo dei servizi sul territorio (67,31%). Tra le principali disparità regionali rilevate, i rappresentanti delle Associazioni hanno indicato quelle nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria (63,46%) e dell’assistenza medica (57,69%), nell’approccio all’assistenza domiciliare (50%) e nell’assistenza fisioterapica (32,69%).