Favo: Inattuato il Piano oncologico nazionale. Istituire subito una Cabina di regia

Il Rapporto

Favo: Inattuato il Piano oncologico nazionale. Istituire subito una Cabina di regia

di redazione

Il Piano oncologico nazionale (Pon) 2023-2027, a distanza di un anno ormai dalla sua approvazione, non è ancora operativo e le 125 pagine del documento che dovrebbe rappresentare “la guida” istituzionale di riferimento per la strategia di controllo dei tumori in Italia sono totalmente disattese.

Il punto sulla (non) attuazione del Piano è stato fatto in occasione della presentazione, giovedì 16 maggio a Roma, del Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, nell’ambito della Giornata nazionale del malato oncologico, promossa dalla Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) e dalle centinaia di Associazioni federate.

Il Rapporto contiene anche le richieste dei malati oncologici, a cominciare dall'istituzione della Cabina di regia nazionale per monitorare l’attuazione del Piano e individuarne i necessari incentivi come stimolo per le Regioni.

Sono poi indicate le quattro le priorità su cui lavorare con urgenza, a partire dalle Reti oncologiche regionali e dalla creazione, presso il ministero della Salute, del Coordinamento generale delle reti oncologiche (Cro). La seconda priorità è rappresentata dalla realizzazione e diffusione dei Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta), strettamente connessi alle Reti oncologiche regionali. Terza priorità è la programmazione e valorizzazione del personale del Servizio sanitario: (entro il 2025 è previsto che mancheranno oltre 43 mila specialisti). Infine, è necessario attivare la Rete nazionale tumori rari (Rntr) per superare le criticità nella cura dei pazienti colpiti da queste neoplasie e razionalizzare il fenomeno della migrazione sanitaria.

«È sotto gli occhi di tutti che, per la sanità pubblica, è venuto meno l’universalismo delle prestazioni, penalizzando particolarmente le persone socialmente più fragili e vulnerabili» sostiene Francesco De Lorenzo, presidente Favo. «La crisi strutturale del Servizio sanitario nazionale – prosegue - può infatti essere misurata con i livelli di diseguaglianza. È sempre più netta la distinzione tra cittadini che possono curarsi, ma con risorse proprie, e coloro che invece sono costretti a rinunciarvi. Il ricorso alla spesa privata è in forte crescita. Il Servizio sanitario ha perso così, senza che il cambiamento fosse governato, la sua funzione di strumento di coesione sociale, ma soprattutto la sua natura di servizio universale. Servono risorse adeguate alla domanda di salute, ma con urgenza occorrono almeno investimenti selettivi in oncologia, a partire dagli screening, nell’ottica dell’appropriatezza e della sostenibilità».

In Italia la sopravvivenza per i tumori a cinque anni raggiunge il 60% e quasi 4 milioni di cittadini vivono dopo la diagnosi.

«A questi dati fortemente positivi, risultato dell’alta qualità del nostro Servizio sanitario, si contrappongono difficoltà sempre più crescenti – avverte Elisabetta Iannelli, segretario Favo –  che riguardano la tenuta del sistema in tutti gli ambiti della strategia di controllo dei tumori: dagli screening, con differenze di copertura che superano il 40% tra le Regioni del Nord e quelle Sud, alle difficoltà di accesso ai test di biologia molecolare, ai percorsi terapeutici, ai programmi di riabilitazione fisica e psico-sociale, alla ricerca». Le scelte fatte finora sul piano finanziario, sostiene Iannelli, «non sono certamente idonee a rispondere alle necessità di cura dei malati di cancro». Con il Decreto del ministero della Salute dell’8 novembre 2023 si è provveduto al riparto del fondo per l’implementazione del Piano oncologico nazionale per il periodo 2023-2027. Alla Lombardia sono destinati poco più di 1.700.000 euro per ciascun anno, alla Basilicata circa 83.000: « Si tratta di cifre a dir poco irrilevanti, del tutto insufficienti a raggiungere gli obiettivi previsti dal Pon».

Il Piano «punta alla piena realizzazione in tutte le Regioni delle Reti oncologiche – osserva Francesco Perrone, presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) - per favorire un’assistenza sempre più integrata tra l’ospedale e il territorio, implementare la digitalizzazione e valorizzare il ruolo di medici di medicina generale. Si tratta di un imprescindibile modello organizzativo che, unito a un approccio multidisciplinare, garantisce la migliore presa in carico dei pazienti. Tutto questo richiede un’importante e trasparente attività di coordinamento, grazie alla collaborazione tra le Istituzioni, le Società scientifiche e le Associazioni dei pazienti».

In Italia, nel 2023, sono stimate 395 mila nuove diagnosi di tumore: in tre anni, l’incremento è stato di 18.400 casi. «La maggiore incidenza e la possibilità di cronicizzare la malattia producono una continua crescita, anche prolungata nel tempo, dei carichi assistenziali» osserva Carmine Pinto, Past President della Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (FICOG). I Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali «sono fondamentali per il funzionamento delle Reti oncologiche regionali e consentono di migliorare la qualità delle cure – sottolinea - ma nel Piano oncologico nazionale non è prevista nessuna indicazione sulle risorse indispensabili per coprire figure necessarie quali i clinical study coordinator, gli psiconcologi, i nutrizionisti o i fisiatri. Allo stesso modo, non vengono individuati e definiti i percorsi per la continuità e integrazione assistenziale tra ospedale e territorio».

Dal 2000 al 2022 se ne sono andati all’estero circa 140 mila medici italiani: «Senza i professionisti – dice Paola Varese, presidente del Comitato scientifico della Favo -cadono i capisaldi del sistema universalistico: equità e uniformità di accesso alla prevenzione, cura e riabilitazione. Dobbiamo partire dalle carenze e criticità attuali che, se non colmate, rischiano di far mancare medici e infermieri nei prossimi dieci anni. L’innovazione, inoltre, sta cambiando il lavoro e i bisogni professionali in sanità. Sempre di più la medicina si avvarrà di tecnologie che provengono da mondi diversi, dalla medicina di precisione, dalla robotica, dalla digitalizzazione, all’intelligenza artificiale fino alla realtà virtuale».

Quanto ai tumori rari, Paolo G. Casali, che coordina la Rete professionale dei tumori rari solidi dell’adulto, ricorda che nel 2023 sono stati finalmente individuati i Centri della Rete: ora, però, è necessario che venga avviata la sua operatività nelle diverse Regioni. Tuttavia, segnala Casali, occorre che a livello nazionale si definiscano indicazioni precise sulle risorse da allocare, «in particolare ai Centri destinati a erogare i teleconsulti, così come sulla realizzazione dei supporti informatici e di un centro-servizi della Rete. Solo così il network europeo delle ERN, cioè le Reti di riferimento europee per le malattie rare, che è stato approvato dalla Commissione europea nel 2017 e che prevede una forte partecipazione di diversi centri oncologici di eccellenza italiani, potrà risultare effettivamente accessibile a tutte le persone colpite da tumore raro sull’intero territorio nazionale».