La survey
Un medico su tre ha subito una denuncia, ma solo il 3% viene condannato
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    Il segretario Anaao Assomed, Pierino Di Silverio. Immagine: Anaao Assomed
redazione
L'Anaao Assomed: “Importiamo” il modello francese

Un terzo dei medici italiani ha ricevuto una denuncia. Penale nel 43,6% dei casi, civile nel 30,8% e di entrambe le tipologie nel 25,6%. È la chirurgia a essere la più interessata, con oltre l’82% dei casi segnalati. I più colpiti sono gli uomini over 55 anni che lavorano in ospedali con meno di 500 posti letto. I medici denunciano un clima di caccia alle streghe al punto che almeno uno su tre pensa di licenziarsi e il 47% rinuncia a ruoli di maggiore responsabilità. Rispetto alle conclusioni dei procedimenti giudiziari, solo il 3% circa si è risolto con una condanna.

Sono alcuni dati della survey condotta dal Centro studi dell’Anaao Assomed su un campione rappresentativo di camici bianchi equamente distribuito tra uomini e donne in età compresa tra i 25 e 65 anni con una anzianità di servizio che va dall’ingresso alla pensione.

La distribuzione delle denunce per specializzazione vede ai primi posti Ginecologia e Cardiochirurgia (entrambe 70%), Chirurgia generale (66,2%). A seguire Ortopedia (65,2%), Pronto soccorso (53,3%) e poi le altre.

La distribuzione geografica segna una prevalenza al Sud e Isole con una percentuale del 39,8%. Al secondo posto il Centro Italia (38,2%), e al terzo il Nord (27,2%).

In base alla dimensione della struttura ospedaliera, il primato spetta agli ospedali con meno di 500 posti letto (37,6%), seguiti da quelli dotati di un numero di posti letto compreso tra 500 e mille (32,2%). Quelli con oltre mille posti letto registrano il tasso più basso (28,4%).

In alcune specialità come Ginecologia, Ortopedia e Chirurgia generale, la probabilità di essere denunciati supera il 65%, raggiungendo il 70% in Ginecologia e Cardiochirurgia. In altre parole, sette professionisti su dieci che operano in queste discipline hanno avuto almeno una volta a che fare con un procedimento legale.

L’esperienza, peraltro, non protegge: tra i professionisti con oltre venti anni di carriera, i tassi di denuncia crescono sensibilmente, soprattutto in ambito chirurgico. Il dato più impressionante riguarda i chirurghi uomini con lunga anzianità: l’86,2% ha subito almeno una denuncia. Se si considerano uomini e donne insieme, la percentuale scende poco: oltre otto su dieci (82,3%).

«I risultati della survey – commenta Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed - delineano un quadro di grande tensione per chi lavora nella sanità pubblica italiana, soprattutto per i medici che operano in ambiti ad alta intensità tecnica e decisionale. L’alto numero di denunce, anche penali, suggerisce non solo un aumento del contenzioso ma anche un clima di sfiducia e di conflittualità tra cittadini e sistema sanitario. Nessuna meraviglia se l’85% di chi ha partecipato alla survey si sente a maggior rischio nella attività lavorativa e il 90% confessi di avvertire una pressione maggiore».

La proposta

La questione delle denunce, quella della responsabilità professionale e i risultati della survey sono stati al centro del convegno “Ma che colpa abbiamo noi. i confini della responsabilità professionale in sanità” che che l'Anaao ha promosso a Roma martedì 10 giugno.

«Molti Paesi in Europa – osserva Di Silverio - hanno sostituito il concetto di risarcimento con il concetto di indennizzo, che non presuppone la ricerca di un colpevole e salvaguarda i diritti dei cittadini». È questo il modello che il sindacato vorrebbe importare: «Introduciamo anche in Italia il modello francese cosiddetto “no fault” che permette ai pazienti di ottenere un risarcimento per danni derivanti da trattamenti medici senza dover dimostrare la loro colpa e ai professionisti di lavorare con maggiore serenità». 

A questo modello, precisa il segretario nazionale dell'Anaao Assomed, «riconosciamo alcuni punti di forza: riduzione del carico psicologico sui medici legati alla paura di essere processati per errori o imprevisti; incentivi alla collaborazione e alla comunicazione tra medici e pazienti, incoraggiando una maggiore trasparenza e fiducia reciproca; riduzione dei costi legali e dei processi liberando risorse per la cura; maggiore attenzione alla prevenzione degli errori medici, attraverso la formazione e l'adozione di protocolli più efficaci; tutela della reputazione professionale evitando che singoli errori possano compromettere la loro carriera». In base a questo modello il paziente può scegliere di ottenere un indennizzo economico rinunciando a intraprendere un’azione legale, con la quasi certezza di venire risarcito contribuendo a snellire tempi di attesa e file nei tribunali.

Nel nostro Paese, invece, «la riforma della responsabilità professionale viaggia su un binario morto» sostiene Di Silverio. Dopo la “Commissione D’Ippolito” «che ha portato a un documento sonoramente bocciato dalla categoria, non c’è più traccia di un intervento che possa contribuire a distendere il clima che si respira nelle corsie. Non certo per rendere impunibili i professionisti – assicura il segretario nazionale Anaao Assomed - ma per creare un sistema di responsabilità professionale più equo ed efficiente, che garantisca la tutela dei pazienti e la serenità dei medici, senza escludere la possibilità di gestire correttamente eventuali errori».

 


 

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