Salutequità: ecco cosa fare per avere un Servizio sanitario nazionale davvero equo e sostenibile

La proposta

Salutequità: ecco cosa fare per avere un Servizio sanitario nazionale davvero equo e sostenibile

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Immagine: Mtaylor848, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Le risorse per i prossimi anni e il dibattito politico sull’aumento delle risorse per finanziare la sanità rischiano di non bastare se il sistema non verrà messo nelle condizioni di essere davvero sostenibile

Sette “leve” su cui puntare per garantire un Servizio sanitario nazionale sostenibile, equo e rispondente alle esigenze in continua evoluzione della società. A proporle è l'Associazione Salutequità, che le ha presentate in un incontro a Roma martedì 19 novembre.

Il Servizio sanitario nazionale (Ssn), sostiene Tonino Aceti, presidente di Salutequità, «deve dichiarare la sua vision e collegarla alle risorse» poiché non è sufficiente «destinare 136,5 miliardi senza una chiara strategia», mentre «la mancanza da sedici anni di un Piano sanitario nazionale e di tre di un Patto per la salute non consentono scelte sostenibili».

Ecco dunque, in sintesi, le sette leve proposte da Salutequità

Prima leva. Le risorse: È necessaria un metodo di calcolo del fabbisogno sanitario standard, superando lo “storico” e la sola “negoziazione politica”, passando a criteri più oggettivi e aggiornati, come i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Il finanziamento deve essere agganciato a una strategia pluriennale per la salute e il rafforzamento del Ssn, attraverso la definizione e l'approvazione di un nuovo Piano sanitario nazionale (Fsn). Si devono inoltre modificare i criteri di riparto del Fondo e passare da un sistema di pagamento per prestazione a uno che finanzi percorsi terapeutici e i loro risultati di salute, superando il silos budget e mettendo al centro il valore delle cure.

Seconda leva. Le performance: È prioritario agire su potenziamento e innovazione di monitoraggio e valutazione dei Lea erogati dalle Regioni attraverso nuovi indicatori e una governance più dinamica. Si prevede di modernizzare il sistema degli adempimenti Lea, migliorando la tempestività nella pubblicazione dei dati e introducendo nuovi criteri di valutazione per elementi critici come le liste di attesa, il Fascicolo sanitario elettronico e l’implementazione degli Accordi Stato-Regioni successivi a quelli del 2001. Un ruolo centrale deve essere assegnato alla piattaforma Agenas per monitorare il rispetto dei tempi massimi di attesa e le agende chiuse, mentre il Programma nazionale esiti deve essere potenziato per valutare meglio i risultati dell’assistenza territoriale.

Terza leva. Innovare organizzazione e governance: Per rendere le Aziende sanitarie più efficienti e flessibili, si propone una reingegnerizzazione del modello di funzionamento. E ancora, tra le azioni proposte, la creazione di un programma pluriennale per migliorare la valorizzazione e l’attrattività del personale del Ssn con interventi su retribuzioni, formazione e assunzioni. Inoltre, occorre approvare tempestivamente i decreti per la definizione della metodologia di calcolo del fabbisogno di personale e applicare rapidamente il DM 77/2022 e le misure di sanità digitale del Pnrr. Necessario anche finanziare l’aggiornamento del Piano nazionale della cronicità includendo nuove patologie.

Quarta leva. Aggiornamento dinamico dei Lea: Si propone di aggiornare annualmente i Livelli essenziali di assistenza utilizzando i fondi stanziati dalle leggi di Bilancio. Inoltre, è necessario definire e monitorare nuovi standard assistenziali, strutturali e tecnologici in settori ancora non disciplinati.

Quinta leva. Le liste di attesa. La riduzione e il governo delle liste di attesa devono diventare obiettivi prioritari di un nuovo Piano sanitario nazionale, con fondi vincolati annualmente per le Regioni. Inoltre è urgente lavorare sull’appropriatezza delle prescrizioni e delle pratiche cliniche.

Sesta leva. Equità e sostenibilità del Ssn. Migliorare la qualità dei processi decisionali in sanità dando centralità alle evidenze e alla partecipazione di Associazioni pazienti e stakeholder, oltre che attraverso la rilettura del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. 

Settima leva. Consapevolezza del valore del Ssn. Sviluppare iniziative, programmi e campagne, a partire dalle scuole, per sensibilizzare i cittadini sul valore positivo del Servizio sanitario nazionale e sul ruolo attivo che possono assumere nella tutela della propria salute e concorrere alla sostenibilità.

«Il primo banco di prova per la sostenibilità del Ssn  è la legge di bilancio attualmente in discussione – avverte Aceti - e i rilievi sulle risorse destinate alla sanità di Corte dei conti, Ufficio parlamentare di bilancio e Cnel sono preoccupanti e vanno subito affrontati. Il Ssn deve dichiarare la sua vision e collegarla alle risorse. Per questo abbiamo dubbi sull’efficacia delle misure che destinano circa 1 miliardo di euro all’incremento di risorse per il raggiungimento degli obiettivi di Piano sanitario nazionale sia perché l’ultimo Piano approvato risale al 2006, sia perché dopo l’annuncio dello scorso anno del ministro di volerlo finalmente aggiornare, a oggi non se ne sa ancora nulla. E se il Piano non si aggiorna, si continuerà a finanziare il Ssn senza avere una programmazione sanitaria e una visione chiara su priorità, obiettivi e azioni da mettere in campo». Un altro «grande assente» ricorda Aceti, è il Patto per la salute, fermo al 2021. Anche sul problema delle liste d’attesa 50 milioni di euro per il 2025 e 100 milioni per il 2026 «rischiano di non incidere come potrebbero sull’accessibilità alle cure se le Regioni continueranno a essere misurate su indicatori vecchi ». Inoltre, i nuovi finanziamenti vincolati per l’aggiornamento dei Lea «potrebbero non essere utilizzati come già accaduto per l’entrata in vigore dei nuovi Lea con ben sette anni di ritardo». A rischio, per il presidente di Salutequità, c'è anche l’accesso all’innovazione «a causa delle misure che precludono nuove valutazioni di innovatività su nuove indicazioni terapeutiche per farmaci che l’hanno già ottenuta sei anni prima». E l’eventuale avanzo del fondo dei farmaci innovativi, conclude Aceti, deve rimanere nella farmaceutica «e non nel calderone indistinto del Fondo sanitario regionale».