Tocilizumab biosimilare contro l'artrite reumatoide

Farmaci

Tocilizumab biosimilare contro l'artrite reumatoide

di redazione

Tocilizumab, il primo anticorpo monoclonale tra gli inibitori dell’interleuchina-6 ad apparire sulla scena della lotta all'artrite reumatoide, è ora disponibile come biosimilare e può quindi essere utilizzato efficacemente anche in prima linea e perfino in monoterapia se non fosse possibile la sua associazione con metotrexato.

Il tema dell’ampliamento dell’armamentario terapeutico per il contrasto dell’artrite reumatoide basato sul contributo dei biosimilari è stato al centro di un evento stampa promosso lunedì 10 giugno a Roma dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief (IHPB).

Tocilizumab «è una molecola importante che ha un suo preciso posizionamento nell’ambito della medicina personalizzata – ricorda Maurizio Rossini, professore di Reumatologia all'Università di Verona e direttore della Unità di Reumatologia della Azienda ospedaliero-universitaria integrata del capoluogo veneto – perché è stato il primo farmaco che ha consentito di contrastare l’artrite reumatoide senza doverlo necessariamente associare al metotrexato. La sua disponibilità come biosimilare – aggiunge - contribuisce anzitutto in modo importante alla sostenibilità della spesa farmaceutica, generando risparmi che ampliano le possibilità di accesso alle cure per un maggior numero di pazienti e consente inoltre di ovviare ai problemi di approvvigionamento verificatisi in passato, oltre a rappresentare un’opportunità terapeutica in più, specie in quelle Regioni che dispongono l’uso del biosimilare come farmaco di prima scelta».

I dati di uno studio del Ceis dell’Università di Roma Tor Vergata evidenziano un onere complessivo annuo della malattia di oltre 2 miliardi di euro, dei quali il 45 per cento (931 milioni) di costi diretti sanitari, 205 milioni a carico dei pazienti e circa 900 milioni per i costi indiretti generati dalle prestazioni previdenziali o dalla perdita di produttività per giornate di lavoro perse.

La possibilità di ampliare l'accesso a terapie sempre più efficaci insieme alla necessità di assicurare la sostenibilità della spesa sanitaria ha consentito di superare l’iniziale riluttanza delle Associazioni dei pazienti rispetto all’uso dei farmaci biosimilari, anche se rimane la necessità di assicurare un’adeguata informazione ai destinatari delle cure oltre che di tutelare il principio della libera scelta del medico sulla terapia da adottare.

«Nel paziente che viene sottoposto a cure con i biosimilari, sia esso naive o già in cura con altro farmaco biologico, può a volte emergere il timore di essere trattato con un farmaco di serie B – osserva Teresa Petrangolini, direttrice Patient Advocacy Lab di ALTEMS, Università Cattolica di Roma – e quindi di essere sacrificato sull’altare di logiche di tipo economico. È quindi di estrema importanza che, quando questo si verifica, il medico informi e tranquillizzi il paziente su efficacia, affidabilità e sicurezza della cura adottata, proprio in considerazione degli elevati standard qualitativi dei biosimilari che sono identici a quelli dei farmaci originali».

«L’ampia esperienza clinica su questo farmaco – sottolinea Pierluigi Navarra, professore di Farmacologia all’Università Cattolica di Roma – ne conferma l’efficacia e l’importante profilo di sicurezza a breve e a lungo termine, oltre a farne una valida opportunità di trattamento, con somministrazione sottocutanea a frequenza settimanale, sia in monoterapia che in abbinamento con metotrexate. Un’opzione terapeutica – precisa il farmacologo - caratterizzata da un positivo rapporto costo/efficacia in quanto ora disponibile come biosimilare».

La disponibilità di tocilizumab anche come biosimilare «è un’opportunità terapeutica importante che consente di allargare la platea e il numero di persone eleggibili al trattamento, garantendo così un miglioramento nell’accesso al farmaco – sostiene Antonella Celano, presidente dell'Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare (Apmarr). «Grazie ai progressi compiuti negli ultimi venti anni dalla ricerca scientifica in reumatologia – prosegue - l’armamentario terapeutico a disposizione dei reumatologi si è progressivamente arricchito di farmaci sempre più innovativi per il trattamento delle artriti infiammatorie croniche. L’immissione in commercio dei farmaci biosimilari ha rappresentato una vera e propria rivoluzione in termini di risparmio di risorse sanitarie – conclude Celano - e di un maggiore accesso alle cure per le persone con patologie reumatologiche».