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Giornata mondiale
Tumore ovarico, una sfida ancora aperta
redazione
Corpo

Nonostante i recenti progressi della medicina e della ricerca scientifica, il cancro ovarico rimane uno dei tumori femminili più complessi e letali. I miglioramenti dei tassi di sopravvivenza sono stati lenti e la sopravvivenza a cinque anni dalla prima diagnosi non supera il 43%. Secondo i dati diffusi dalla World Ovarian Cancer Coalition, nel 2022 sono state 324.603 le donne che nel mondo hanno ricevuto una diagnosi di tumore ovarico. Senza interventi adeguati, entro il 2050 saliranno a circa mezzo milione con un incremento del 55%. L’incidenza maggiore riguarderà Asia e Africa. Oltre all’incidenza aumenterà anche la mortalità dagli attuali 206.956 del 2022 agli oltre 330 mila del 2050 con un aumento di oltre il 65%. In Europa l’incidenza aumenterà dell’8% (da 69,472 casi a 75.570) mentre la mortalità salirà del 19% (da 46.232 casi a 55.124).

Questi dati hanno spinto la World Ovarian Cancer Coalition a lanciare un allarme mondiale chiedendo a tutti i Governi maggiori risorse per migliorare la prevenzione, la diagnosi e il trattamento di questa neoplasia, ma anche per migliorare l’organizzazione ospedaliera e garantire a tutte le donne malate un accesso equo alle cure.

A rilanciare l'allarme nel nostro Paese in vista della Giornata mondiale del tumore ovarico del prossimo 8 maggio è Acto Italia, che celebra anche il quindicesimo anniversario dalla fondazione.

Nel nostro Paese, il tumore ovarico colpisce 52.800 donne, con 5.423 nuove diagnosi nel 2024 e 3.600 decessi all'anno. Se è pur vero che negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi avanti grazie alle terapie innovative, sono ancora molti i temi aperti.

La diagnosi precoce è uno dei primi problemi irrisolti. «Il 70-80% dei tumori ovarici viene diagnosticato in stadio avanzato – conferma Maurizio D’Incalci, professore della Humanitas University - perché non esiste un test di diagnosi precoce». Per questa, dunque, bisognerà ancora aspettare i risultati delle ricerca.

Un secondo problema è rappresentato dalla resistenza alla chemioterapia. All’annuale meeting della Società americana di oncologia medica che si terrà a inizio giugno a Chicago, verrà presentato, tra gli altri, un importante studio internazionale sul tumore ovarico resistente al platino. „Lo studio ha dimostrato che l’aggiunta di un farmaco innovativo alla chemioterapia – spiega Domenica Lorusso, direttrice dell'Unità operativa ginecologia oncologica dell'Humanitas San Pio X di Milano - porta a un significativo aumento sia della sopravvivenza libera da progressione che della sopravvivenza globale, rispetto alla chemioterapia da sola. Si tratta di un risultato promettente per un gruppo di pazienti tra i più difficili da trattare, ovvero quelle resistenti alla chemioterapia».

Un’altra sfida è migliorare la qualità di vita delle pazienti e tra gli obiettivi ancora da raggiungere c’è il miglioramento dell’informazione e dell’accesso alle cure, con un'attenzione particolare alle fasce svantaggiate e alle minoranze, per garantire cure di qualità a tutte le pazienti. C'è poi la questione dell'organizzazione ospedaliera, perché nel tumore ovarico la sopravvivenza non dipende soltanto dalla precocità della diagnosi ma anche e sempre più dalla qualità delle cure che una paziente riceve.

Insomma, occorrono più risorse, centri specializzati e un nuovo modello organizzativo per garantire equità e qualità delle cure.

«Con impegno e determinazione abbiamo superato la boa dei 15 anni – racconta Nicoletta Cerana, presidente di Acto Italia. «Oggi possiamo dire con orgoglio di essere una realtà riconosciuta e strutturata – conclude - in grado di portare la voce di tutte le 230 mila donne affette da tumore ginecologico ai tavoli in cui si discutono le priorità sanitarie».

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