A Bergamo il primo trapianto di polmone da vivente in Italia
È un bambino di cinque anni il primo paziente in Italia a essere stato sottoposto, martedì 17 gennaio all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, a un trapianto di polmone da donatore vivente. Il donatore è il padre del piccolo che dopo avergli donato il midollo per curare la talassemia che lo affligge fin dalla nascita, ha donato anche una parte del suo polmone. È di un caso molto raro, con pochissimi precedenti in Europa.
La talassemia (o anemia mediterranea), malattia rara del sangue, ha reso necessario un trapianto di midollo, effettuato in un altro ospedale italiano. La donazione dal padre ha però generato la cosiddetta “malattia da trapianto contro l’ospite”, una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto da donatore. Si tratta di una complessa reazione immunitaria, nella quale le cellule trapiantate provenienti dal donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente. Questa forma di rigetto aveva causato al bambino un danno molto grave e irreversibile alla funzionalità polmonare, che ha reso necessario l'intervento realizzato a Bergamo.
Padre e figlio restano ricoverati nell’ospedale e la loro prognosi è ancora riservata. I medici sono però fiduciosi sul decorso post operatorio, anche perché in questo caso il rischio di rigetto, particolarmente alto per il trapianto di polmone da cadavere, è molto basso quando il sistema immunitario “riconosce” il nuovo organo come proprio.
La donazione di polmone da vivente è un’opzione possibile, ma finora eseguita solo in rari casi e in pochissimi Paesi del mondo, soprattutto in Giappone e nel Nord America a causa della sua applicazione estremamente complessa. Un trapianto da vivente risulta in Germania nel 2012. La banca dati EuroTransplant, che mette in rete alcuni Paesi dell’Europa centrale, registra due casi negli ultimi dieci anni.
«L’estrema rarità di questi casi e i limiti tecnici del trapianto da vivente, nel caso del polmone non lo rendono un’opzione terapeutica di facile applicazione. Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi, non viene abitualmente considerata un’opzione alla portata di tutti, in grado di contribuire efficacemente all’abbattimento delle liste d’attesa» spiega Michele Colledan, direttore del Dipartimento di Insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3 – Trapianti addominali dell’Azienda socio-sanitaria territoriale Papa Giovanni XXIII.
Il doppio intervento di prelievo e di trapianto ha richiesto l’impiego di due sale chirurgiche che hanno lavorato in parallelo. Tutta la procedura in sala operatoria è durata undici ore. Mentre il donatore veniva sottoposto al prelievo del lobo polmonare, nella sala adiacente iniziava la fase di preparazione del ricevente. L’intervento è stato guidato e coordinato da Michele Colledan, che ha anche effettuato il trapianto sul bambino. Il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore è stato eseguito da Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 - Addominale toracica. Gli anestesisti della Terapia intensiva cardiochirurgica, i cardiochirurghi pediatrici e i perfusionisti hanno predisposto il supporto delle funzioni cardiocircolatorie con l’Ecmo. Le due équipe sono state assistite dalla Anestesia e Rianimazione e dallo staff tecnico e infermieristico. Lo studio e la gestione dei pazienti prima e dopo l’intervento sono stati seguiti dalle équipe della Pediatria, della Pneumologia, della Terapia intensiva pediatrica e dalla Terapia intensiva adulti. Il Centro nazionale trapianti ha concesso un’autorizzazione speciale all’ospedale bergamasco per eseguire questo intervento.
«Casi clinici così complessi e delicati – sottolinea Maria Beatrice Stasi, direttrice generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII - sono possibili grazie a uno sforzo organizzativo straordinario. Diverse decine di professionisti, ciascuno nel suo ruolo, hanno contribuito in tutte le fasi, nei reparti, nelle sale chirurgiche, nei laboratori, nelle sedi e negli uffici del personale tecnico ed amministrativo. È grazie a questo lavoro di squadra che il nostro Ospedale, una grande azienda pubblica, raggiunge e mantiene standard clinici d’avanguardia, non solo a livello nazionale».