Cancro, guarire entro un anno grazie alla diagnosi precoce
Quanto più precoce è la diagnosi, tanto maggiori sono le chance di guarire. È il mantra che accompagna da decenni la lotta al cancro. Ma, nel concreto, quanto anticipare la diagnosi aumenta le probabilità di superare la malattia? E, cosa non meno importante, dopo quanto tempo dal termine dei trattamenti si può effettivamente dire di essersi lasciati il cancro alle spalle?
Ha provato a rispondere a queste domande uno studio italiano, coordinato dal Centro di Riferimento Oncologico di Aviano Irccs e dall’Azienda Zero della Regione Veneto, che ha analizzato i dati i dati di 31 registri tumori italiani concentrandosi sui due tumori più frequenti in Italia: quello della mammella e quello del colon-retto.
Si può dire guarigione
Da quando si studia in maniera sistematica il cancro, la parola ‘guarigione’ è stata la grande assente. Scientificamente si preferisce parlare di ‘sopravvivenza’, a 5, 10 o più anni. D’altro canto, a lungo il cancro è stato quasi sempre una malattia a elevatissima mortalità e che solo in rari casi si riusciva a eradicare. Tuttavia, negli ultimi decenni la lotta al cancro ha fatto progressi enormi e oggi una fetta cospicua di persone guarisce, vale a dire che l’esperienza del tumore è circoscritta a una fase della propria vita, al termine della quale il rischio di morire per quella neoplasia scompare e la persona ha un’aspettativa di vita comparabile a chi non si è mai ammalato.
Ebbene, secondo il nuovo studio, oggi il 73% delle donne che riceve una diagnosi di cancro al seno in Italia e il 56% di quelli che hanno un colon retto guarisce dalla malattia. Tuttavia ci sono differenze abissali a seconda dello stadio in cui è avvenuta la diagnosi. «La probabilità di guarire delle donne con tumori della mammella passa dal 99% per le diagnosi fatte al primo stadio (che rappresentano oltre la metà delle diagnosi) al 36% quando la malattia si presenta in stadi più avanzati (circa il 10% delle pazienti)», dice Luigino Dal Maso, dirigente statistico dell’Epidemiologia oncologica del Centro di Riferimento Oncologico e coordinatore dello studio. Per il cancro del colon-retto si passa dal 92% di probabilità di guarigione allo stadio I al 35% se la diagnosi arriva nello stadio III o IV.
Inoltre, «fra le donne che vivono 10 anni dopo la diagnosi di tumore della mammella, il rischio che la malattia si ripresenti è circa del 5%. Invece, già 5 anni dopo la diagnosi di tumori del colon-retto il rischio di morte a causa del tumore diventa inferiore al 3%, per diventare praticamente nullo dopo 10 anni», aggiunge Dal Maso.
Quando il cancro è alle spalle
Lo studio ha però affrontato un altro aspetto che sta particolarmente a cuore ai pazienti: quand’è che una persona che si è ammalata di cancro può tirare il fiato perché la malattia è ormai passata?
Anche qui, lo stadio alla diagnosi (insieme all’età) sono il fattore chiave.
«Complessivamente, considerando tutti gli stadi di malattia, il rischio è inferiore a 10 anni dopo la diagnosi per le donne di 45-64 anni con tumore della mammella e inferiore di circa 12 anni se la malattia si presenta sotto i 45 e a 65-74 anni», illustra Silvia Francisci, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità tra gli autori dello studio. Tuttavia «si riduce a un anno dopo la diagnosi nelle donne con tumori della mammella in stadio I o II e di età inferiore a 65 anni, mentre supera i 10 anni nel caso di tumori diagnosticati in stadi avanzati». Invece, prosegue, «per i pazienti con tumori del colon-retto in stadio I, il tempo per la guarigione è di un anno, mentre ci vogliono circa 8 anni per i pazienti con tumori diagnosticati in tutti gli altri stadi più avanzati». In sostanza, se la diagnosi avviene allo stadio I (o II per il tumore al seno), al termine dei trattamenti il paziente può dirsi guarito. Attenzione, però, avverte Francisci, questo «non va inteso come un tempo che, una volta raggiunto, non necessiti più di sorveglianza o raccomandazioni suggerite dai medici curanti (protocolli terapeutici)».
Effetti sull’oblio oncologico
«Per i malati di cancro conoscere la probabilità di guarire alla diagnosi, il tempo necessario per raggiungere un’aspettativa di vita simile a coloro che non hanno avuto un tumore e sapere che la stragrande maggioranza delle persone cui è stato diagnosticato un tumore in stadio precoce è destinata a guarire in pochi anni rappresentano informazioni di grande rilievo anche riguardo all’accesso al diritto all’oblio oncologico appena introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge 193/2023, dopo lunghe battaglie del volontariato oncologico», dice il segretario generale della Federazione italiana delle Associazione di Volontariato in Oncologia (Favo) Elisabetta Iannelli. «I risultati dello studio pubblicato su International Journal of Cancer forniscono un importante tassello utile ai pazienti per riappropriarsi della loro vita e tornare a una condizione di normalità. In particolare, sono di grande rilievo per le donne che finora non hanno potuto beneficiare dell’oblio oncologico in tempi ridotti (coloro che hanno avuto un tumore di stadio primo o secondo considerato guarito a un anno dalla diagnosi). I decreti attuativi, previsti dalla legge sul diritto all’oblio oncologico, dovranno tenere conto di questo studio al fine di prevedere termini di guarigione anche molto inferiori rispetto ai 10 anni dalla fine delle terapie, come attualmente stabilito dalla legge».
La ricerca è stata pubblicato sull'International Journal of Cancer e rientra in una collaborazione attiva da oltre 15 anni grazie al supporto della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM) e dell’Istituto Superiore di Sanità..