Non abusare della vitamina D: il sovradosaggio può essere pericoloso

Il caso studio

Non abusare della vitamina D: il sovradosaggio può essere pericoloso

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Immagine: Bicanski on Pixnio
di redazione
Il caso di un paziente in “overdose” da vitamina D descritto su BMJ Case Reports serve come monito: le intossicazioni sono rare ma possibili. Dosi eccessive di vitamina D possono aumentare i livelli di calcio nel sangue e provocare problemi di salute non trascurabili

Il principio del “melius abundare” non vale nel caso della vitamina D. Esagerare con gli integratori può essere pericoloso. Lo dimostra un caso studio riportato su BMJ Case Reports che descrive il quadro clinico di un paziente in “overdose” da vitamina D. 

Il caso singolo, avvertono gli autori del rapporto, non può dire molto sui rischi della popolazione generale, anche perché le dosi assunte in questa circostanza sono davvero eccezionali, ma serve a fare sapere alle tante persone che ricorrono agli integratori con troppa disinvoltura che esiste la possibilità di un’intossicazione e che il sovradosaggio può causare la sindrome nota come ipervitaminosi D associata a un’ampia gamma di problemi di salute non trascurabili. 

Il caso analizzato riguarda un uomo di mezza età che si è presentato in ospedale lamnetando di soffrire da circa tre mesi di una lunga serie di sintomi: vomito ricorrente, nausea, dolore addominale, crampi alle gambe, tinnito (suono nelle orecchie), bocca secca, sensazione di sete, diarrea e perdita di peso. I disturbi sono insorti un mese dopo aver iniziato una terapia a base di 50.000 UI al giorno di vitamina D (in caso di carenze la terapia da 50mila UI viene generalmente somministrata una volta al mese o a settimana). Una volta apparsi i sintomi, il paziente aveva smesso di assumere l’integratore senza però ottenere alcun beneficio. 

I suoi livelli di vitamina D erano comunque 7 volte superiori a quelli considerati sufficienti e l’ipercalcemia provocata dalle dosi eccessive dell’integratore aveva provocato un danno acuto ai reni. Il paziente è rimasto in ospedale 8 giorni sottoposto a un trattamento disintossicante a base di di bifosfonati per ridurre i livelli di calcio nel sangue. L’eccessiva presenza di calcio nel sangue è una delle conseguenze più frequenti dell’intossicazione da vitamina D. 

Due mesi dopo le dimissioni i livelli di calcio erano tornati nella norma, ma i valori della vitamina D erano ancora estremamente elevati. 

«A livello globale, c'è una tendenza crescente all'ipervitaminosi D, una condizione clinica caratterizzata da livelli elevati di vitamina D3, soprattutto tra le donne, i bambini e pazienti chirurgici. I livelli raccomandati di vitamina D possono essere ottenuti dalla dieta (es. funghi, pesce grasso), dall'esposizione alla luce solare e dagli integratori. Dato il suo lento assorbimento (emivita di circa 2 mesi), durante il quale si sviluppa la tossicità della vitamina D, i sintomi possono durare per diverse settimane»,  avvertono gli autori.

I sintomi dell'ipervitaminosi D sono molti e vari, sottolineano i ricercatori, e sono per lo più causati da un eccesso di calcio nel sangue. Includono sonnolenza, confusione, apatia, psicosi, depressione, dolore addominale, vomito, costipazione, ulcere peptiche, pancreatite, ipertensione, aritmie e insufficienza renale. È bene conoscere i rischi dell’ “overdose” da vitamina D, anche se, rassicurano gli scienziati, i casi di intossicazione sono piuttosto rari. 

«Tuttavia l'uso di integratori alimentari, è diventato molto popolare e le persone potrebbero non rendersi conto che è possibile un sovradosaggio di vitamina D. Questo case report evidenzia ulteriormente la potenziale tossicità degli integratori che sono in gran parte considerati sicuri fino a quando non vengono assunti in quantità pericolose» concludono i ricercatori.