Asma, i falsi miti che possono fare male

Sono molti i falsi miti sull’asma, patologia che colpisce circa 250 milioni di persone nel mondo, 3 milioni solo in Italia.

Falsi miti che possono essere tutt’altro che innocui e causare un peggioramento della malattia, delle condizioni di salute più ampie e della qualità di vita in generale.

Ne abbiamo parlato ne “I dialoghi del respiro”, un progetto di HealthDesk realizzato con il supporto non condizionato di GSK, che ha visto la giornalista scientifica Roberta Villa confrontarsi con i maggiori esperti di Pneumologia in una serie di dirette trasmesse sui canali social di HealthDesk.

Asma, i falsi miti che possono fare male

18 luglio 2024

 
 
Con il contributo non condizionato di

 

Non bisogna fare sport; i farmaci bisogna prenderli solo quando servono e, no, assolutamente non bisogna assumerli in gravidanza. 

Tutto sbagliato.

Sono molti i falsi miti sull’asma, patologia che colpisce circa 250 milioni di persone nel mondo, 3 milioni solo in Italia.&nbsp

Falsi miti che possono essere tutt’altro che innocui e causare un peggioramento della malattia, delle condizioni di salute più ampie e della qualità di vita in generale. Ne abbiamo parlato ne “I dialoghi del respiro”, un progetto di HealthDesk realizzato con il supporto non condizionato di GSK, che ha visto la giornalista scientifica Roberta Villa confrontarsi con i maggiori esperti di Pneumologia in una serie di dirette trasmesse sui canali social di HealthDesk.

Partiamo, allora, da un mito che invece falso non è: il fatto che l’asma, specie quella di tipo allergico, sia sempre più frequente. «Quelli della mia generazione ricordano a malapena di aver avuto qualche allergico in classe, oggi nelle classi ci sono almeno due-tre bambini allergici e qualcuno di questi con asma», dice Claudio Micheletto, direttore dell'Unità operativa complessa di Pneumologia dell'Azienda ospedaliera universitaria di Verona, docente all’Università dello stesso capoluogo veneto e presidente dell’Associazione italiana pneumologi ospedalieri. Un caso esemplare, comune all’esperienza di ciascuno di noi, che tuttavia svela un cambiamento epidemiologico importante.

A determinare l’aumento dei casi di asma è il concorso di molti fattori. «L’ambiente, l'aria che respiriamo, è un fattore importante» aggiunge Micheletto. «Le polveri sottili infiammano l'apparato tracheo-bronchiale, ciò provoca una maggiore sensibilizzazione che si traduce in un aumento delle malattie allergiche». 

L’inquinamento è però solo una delle cause: seppure con pesi diversi, hanno contribuito a questo incremento anche fattori come il clima, i cambiamenti negli stili di vita e anche negli ambienti di vita; probabilmente anche fenomeni come lo stress.

Questo aumento è evidente soprattutto nei bambini, nei quali l’asma rappresenta la malattia cronica respiratoria più frequente.

Ma è proprio vero che i bambini, se soffrono di asma non devono fare sport perché lo sforzo può causare una crisi asmatica?

Assolutamente no. “È vero che lo sforzo è uno stimolo fisico che favorisce l’attacco d’asma. L’aumento degli atti respiratori e la ventilazione durante lo sforzo fisico causa un raffreddamento dei bronchi e una rottura delle cellule infiammatorie che danno vita al broncospasmo. Tanto che molti giovani si accorgono per la prima volta di avere qualche disturbo respiratorio proprio durante l'attività sportiva», spiega Micheletto. Questo, tuttavia, non significa che una persona con asma non possa fare sport.

«La maggior parte delle forme di asma bronchiale, soprattutto in età pediatrica, possono avere un ottimo controllo dei sintomi con la terapia appropriata», precisa lo specialista. «La letteratura scientifica dice che più del 70% degli asmatici - considerando qualsiasi età e qualsiasi forma d’asma - riesce ad avere una vita perfettamente normale a patto che venga assunta regolarmente la terapia».

Dunque, con l’opportuno trattamento, la malattia può essere controllata e si può fare sport.

«Per i bambini e per i ragazzi questo è un aspetto importante da molti punti di vista. Il primo è che non devono considerarsi diversi dagli altri», aggiunge Micheletto. E poi lo sport è un’efficace freno all’aumento di peso, questo sì potenzialmente dannoso per le persone che soffrono di asma. «L'aumento di peso innesca dei meccanismi che peggiorano la difficoltà respiratoria e ciò spesso porta a una maggiore difficoltà di controllare la patologia».

Non c’è dunque ragione per non svolgere attività fisica per una persona con asma, come dimostrano i casi di numerosi atleti che hanno raggiunto risultati di eccellenza, come Federica Pellegrini o David Beckham. Naturalmente, ciascuno secondo le proprie preferenze e le proprie capacità. E tenendo comunque conto che non mancano i casi di asma grave in cui la limitazione può essere importante.

«Lo sport fa parte del percorso di cura del paziente asmatico. Sport che chiaramente va personalizzato: se si ha una malattia più severa non si potrà fare un'intensa attività fisica, ma è comunque bene farla, perché anche i muscoli respiratori hanno bisogno di essere allenati», spiega Elisiana Carpagnano, responsabile dell'Unità operativa complessa di Malattie dell’Apparato respiratorio del Policlinico di Bari e direttrice della Scuola di specializzazione in Malattie respiratorie dell'Università di Bari.

Da questo punto di vista è da sfatare il mito che i farmaci per l’asma rappresentino doping: «Il regolare uso di farmaci, a dosi terapeutiche, non indica assolutamente una condizione di doping. Perché si incorra in problemi di questo tipo servono dosi veramente altissime», precisa Carpagnano.

Non c’è però solo il rapporto tra asma e sport a essere interessato dai falsi miti. Molti riguardano la gravidanza. Per esempio che per una donna che soffra di asma sia preferibile evitare di cercare un bambino.

«Io sono la “madrina” di tanti bambini nati da mamme asmatiche», dice Carpagnano. «È vero che circa un terzo delle donne asmatiche va incontro a un peggioramento dei sintomi durante la gravidanza. Tuttavia, se la malattia è ben controllata tramite un’opportuna aderenza terapeutica, non c’è nessun problema. La paziente può assumere tranquillamente i farmaci senza nessun rischio per il bambino. Tutti gli studi clinici hanno infatti confermato la sicurezza di questi prodotti in gravidanza», precisa. Mai interrompere dunque il trattamento, se non dietro precisa indicazione del proprio specialista di riferimento. «Se la donna smette di assumere i suoi farmaci, l'asma non è più controllato e si può andare incontro a crisi anche severe: quello è veramente pericoloso per i bambini». 

L’asma in gravidanza è lo spunto per sfatare un altro mito: che l’asma sia quasi esclusivamente una malattia dei bambini. 

«È vero che l'asma può insorgere in età pediatrica, ma può comparire anche in un'età più tardiva. Si parla in questi casi di late onset, di insorgenza tardiva, anche intorno ai 50-60 anni. Tra questi casi, una manifestazione tipica è quella che compare nelle donne in menopausa. È una manifestazione a lungo trascurata e su cui solo adesso stiamo ponendo la dovuta attenzione», continua Carpagnano. 

Non è vero neanche il fatto che l’asma sia una malattia stagionale. Anche quella allergica può avere un andamento sia perenne sia stagionale a seconda si quali siano gli allergeni a cui è dovuta. Se la causa sono  i pollini è vero che si può riscontrare una stagionalità dei sintomi. Al contrario se deriva da allergia ad acari o a muffe non c’è nessuna stagionalità. Un aspetto, questo, da considerare nella gestione della terapia, che non deve essere interrotta sperando di andare incontro a una stagione priva di stimoli allergici.

Attenzione, poi, alla credenza secondo cui l’asma che insorge nei più piccoli sia destinata a scomparire: «L'asma è una malattia infiammatoria cronica: significa che accompagnerà la persona per tutta la vita», precisa Carpagnano. «Questo però non significa che per tutta la sua vita un paziente asmatico starà male. Se una persona ne ha cura, fa visite regolari e assume i farmaci come indicato dal medico ha buone probabilità di tenere sotto controllo la malattia, sopendola».

A questo proposito un errore che si compie spesso è sospendere la terapia non appena si sta un po’ meglio. L’asma è una patologia con un’estrema variabilità ed è vero che in alcuni casi si possa ricorrere alla terapia al bisogno, ma è una valutazione che va fatta con il proprio pneumologo. Errato è invece sospendere la terapia per poi ricorrere a farmaci cortisonici per bocca non appena tornano i sintomi. «Oggi per l’asma abbiamo moltissime opzioni terapeutiche: il cortisone per bocca è l’ultima da prendere in considerazione. Il cortisone dà beneficio nell’immediato, però poi dà tantissimi effetti collaterali. Tocca allo specialista valutare se e quando è il caso di ricorrervi», conclude Carpagnano.

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