Antibiotico-resistenza: i superbug si trasmettono tra gli animali domestici e i loro padroni

Lo studio

Antibiotico-resistenza: i superbug si trasmettono tra gli animali domestici e i loro padroni

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Immagine: PierreSelim, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Un nuovo studio raccoglie prove del passaggio di superbatteri tra animali domestici, cani e gatti, e i loro padroni. Nei quadrupedi sono stati trovati gli stessi superbug ospitati negli esseri umani. La trasmissione potrebbe avvenire in entrambe le direzioni (da animale a uomo e viceversa)

Quando si dice che il cane somiglia al suo padrone non si arriva a immaginarsi tanto: gli animali domestici ospitano gli stessi batteri resistenti agli antibiotici degli esseri umani con cui convivono. Significa che i superbug si trasmettono dall’uomo al cane o al gatto e viceversa. 

I ricercatori dell’Università di Lisbona hanno raccolto prove del passaggio dei batteri dai quadrupedi di casa ai padroni e solidi indizi della trasmissione in senso inverso. I risultati sono stati presentati all’ European Congress of Clinical Microbiology & Infectious Diseases (ECCMID 2023, Copenhagen, 15-18 aprile).

Per lo studio, condotto tra Portogallo e Regno Unito, gli scienziati hanno testato i campioni di feci di cani e di gatti e dei loro padroni in cerca di microrganismi della famiglia degli enterobatteri a cui appartengono Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae, concentrandosi in modo particolare sui batteri resistenti alle cefalosporine di terza generazione e ai carbapenemi, due farmaci essenziali per il trattamento delle infezioni.  

Le cefalosporine di terza generazione, classificate tra gli antibiotici più importanti per la medicina umana dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, vengono usate per trattare un'ampia gamma di condizioni, tra cui meningite, polmonite e sepsi. I carbapenemi sono considerati l'ultima linea di difesa  e vengono usati quando tutti gli altri antibiotici hanno fallito.

La caccia ai superbug ha coinvolto 5 gatti, 38 cani e 78 esseri umani residenti in 43 case in Portogallo e 7 cani e 8 padroni di 7 case nel Regno Unito. 

Dai risultati sono emersi molti casi di condivisione di batteri resistenti tra animali e padroni. In un cane è stato trovato il ceppo di Escehrichia coli produttore di OXA-181, l’enzima che conferisce resistenza ai carbapenemi. 

Tre gatti, 21 cani e 28 proprietari ospitavano enterobatteri produttori di  ESBL/AmpC resistenti alle cefalosporine di terza generazione.

In otto famiglie, due case con gatti e sei con cani, sia l'animale domestico che il proprietario erano portatori di batteri produttori di ESBL/AmpC. 

Un altro cane (1/7,14,3%) è risultato colonizzato da E. coli multiresistente produttore di NDM-5 e CTX-M-15 beta-lattamasi, un ceppo resitente alle cefalosporine di terza generazione, ai carbapenemi e a molte altre famiglie di antibiotici. Gli enterobatteri produttori di ESBL/AmpC sono stati isolati anche in cinque cani (5/7, 71,4%) e tre proprietari (3/8, 37,5%).

Da dove è partito il contagio? Dall’animale o dall’uomo? Nella maggior parte dei casi i batteri si sono sviluppati inizialmente negli animali sottoposti a cure antibiotiche proprio per curare ferite o altre infezioni.

Ma non si può escludere che anche il passaggio inverso sia possibile. In sei casi  è stato infatti trovato un Dna simile nei batteri isolati dagli animali domestici (un gatto e cinque cani) e in quelli dei loro proprietari. Questo risultato suggerisce la trasmissione di batteri tra gli animali e gli esseri umani, anche se non indica come la direzione in cui è avvenuto il passaggio, dall’animale all’uomo o viceversa. 

«In questo studio, forniamo la prova che i batteri resistenti alle cefalosporine di terza generazione, antibiotici di importanza fondamentale, vengono trasmessi dagli animali domestici ai loro proprietari. Cani e gatti possono aiutare la diffusione e la persistenza di tali batteri nella comunità. È di vitale importanza quindi includerli nel monitoraggio della resistenza antimicrobica. I proprietari possono ridurre la diffusione di batteri multiresistenti praticando una buona igiene, compreso lavarsi le mani dopo aver raccolto i rifiuti del proprio cane o gatto e anche dopo averli accarezzati», commenta Juliana Menezes del Centre for Interdisciplinary Research in Animal Health, dell’Università di Lisbona, a capo dello studio.