Lo studio
Ecco perché non bisogna distrarsi quando si mangia
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    Woman texting while eating while using laptop
    Didascalia
    Immagine: Jason, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
redazione
Il nostro cervello memorizza il pasto e il contesto in cui avviene. Ciò aiuta a sentire il senso di sazietà. Quando ci si distrae questo processo non ha luogo e dopo poco tempo si avverte di nuovo fame

Il nostro cervello ricorda non solo cosa mangiamo, ma anche il quando e il dove lo facciamo e queste informazioni complementari dell’esperienza del pasto sono essenziali per elaborare correttamente il senso della fame. Se ciò non avviene correttamente, come nelle persone che hanno problemi di memoria e non riescono a immagazzinare queste informazioni, si può andare incontro a una fame eccessiva. Lo stesso potrebbe accadere quando si mangia distrattamente: il non avere una traccia mnemonica del pasto potrebbe indurre il cervello a credere di avere ancora fame e riportarci a tavola poco tempo dopo che si è mangiato. È quanto sostiene uno studio condotto da ricercatori dell’University of Southern California e pubblicato oggi su Nature Communications

Il rapporto tra la memoria e lo stimolo della fame o la sensazione di sazietà è da tempo oggetto di studio. I ricercatori, in esperimenti su animali di laboratorio, si sono concentrati su una specifica area del cervello: l’ippocampo ventrale. Qui, il team ha riscontrato la presenza di tracce di memorizzazione dell’esperienza del pasto: quelli che hanno definito “engrammi del pasto”. «Un engramma è la traccia fisica che un ricordo lascia nel cervello», ha detto il coordinatore dello studio Scott Kanoski. «Gli engrammi dei pasti funzionano come sofisticati database biologici che memorizzano più tipi di informazioni come il luogo in cui stavi mangiando, così come l’ora in cui hai mangiato».

I ricercatori hanno osservato che queste incisioni sul disco della memoria si formano durante brevi pause tra i morsi, quando il cervello degli animali di laboratorio esamina l’ambiente alimentare. I neuroni coinvolti in questo processo sono altamente specifici e non sono implicati in altre funzioni, tanto che quando negli esperimenti sono stati danneggiati dai ricercatori, per gli animali da laboratorio non è risultata compromessa nessun’altra funzione. Inoltre, sono direttamente correlati con una regione del cervello (l’ipotalamo laterale) nota da tempo per controllare la fame e il comportamento alimentare. Quando questa connessione è stata bloccata, gli animali da laboratorio hanno mangiato troppo e non riuscivano a ricordare dove venivano consumati i pasti.

Per i ricercatori la scoperta chiarisce molti aspetti dei disturbi alimentari nell’uomo. I pazienti con problemi di memoria, come quelli con demenza o lesioni cerebrali che influenzano la formazione della memoria, possono spesso consumare più pasti in rapida successione perché non riescono a ricordare di aver mangiare.

Inoltre, i pasti distratti, per esempio gli spuntini fatti mentre si guarda la televisione o si sta sul telefonino, possono compromettere i ricordi dei pasti e contribuire al consumo eccessivo di cibo. In queste circostanze, «il cervello non riesce a catalogare correttamente l’esperienza del pasto e ciò porta a engrammi di pasti deboli o incompleti», spiega la prima firmataria dello studio Lea Decarie-Spain.

La scoperta dovrà essere confermata sull’uomo, ma, secondo i ricercatori, se sarà così, potrebbe aprire la strada a nuovi approcci clinici per il trattamento dell’obesità e della gestione del peso. Per esempio, oltre a limitare il consumo di cibo o aumentare l'attività fisica potrebbe risultare importante lavorare su strategie per migliorare la formazione della memoria dei pasti.

«Stiamo finalmente iniziando a capire che ricordare cosa e quando hai mangiato è cruciale per un’alimentazione sana tanto quanto le scelte alimentari stesse», ha concluso Kanoski.

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