Prevenire il diabete con probiotici: un batterio potrebbe contrastare la resistenza all’insulina

L’ipotesi

Prevenire il diabete con probiotici: un batterio potrebbe contrastare la resistenza all’insulina

Wild_garden_of_the_gut_bacteria_3.jpg

Immagine: Nicola Fawcett, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Riduce la resistenza all’insulina, metabolizza i carboidrati, abbassa i livelli di zucchero nel sangue. Per ora il batterio Alistipes indistinctus è un promettente candidato come trattamento preventivo del diabete. Mancano però gli studi sugli esseri umani per poterne raccomandare l’uso

Prevenire il diabete di tipo 2 con i probiotici. La strategia proposta in uno studio pubblicato su Nature sembra promettente se gli integratori assunti contengono i batteri giusti. In particolare la specie più indicata è Alistipes indistinctus. I ricercatori del RIKEN Center for Integrative Medical Sciences (IMS) in Giappone hanno infatti dimostrato che questo tipo di batterio, appartenente al genere dei batterioidi, abbassa i livelli di zucchero nel sangue e riduce la resistenza all’insulina. Gli scienziati hanno individuato questo specifico microrganismo dopo aver condotto analisi genetiche e metaboliche del microbioma di campioni fecali umani. L’azione anti-diabetica di A. indistinctus è stata poi verificata in esperimenti sui topi. La premessa è d’obbligo: bisognerà attendere i trial clinici sugli esseri umani per poter parlare di un vero e proprio trattamento preventivo. 

I primi dati significativi sono emersi dal confronto tra la composizione del microbioma di 300 adulti e i rispettivi livelli di resistenza all’insulina. Le analisi hanno mostrato un’associazione tra elevati livelli di resistenza all’insulina e eccessive quantità di carboidrati, in particolare monosaccaridi come glucosio, fruttosio, galattosio nelle feci. Proseguendo le indagini, i ricercatori hanno osservato che le persone con elevata resistenza all’insulina ospitavano nel loro intestino batteri della famiglia dei Lachnospiraceae in quantità maggiori rispetto ad altri tipi di microrganismi. La presenza di questi batteri era anche associata a maggiori quantità di carboidrati nelle feci. 

Al contrario, i livelli di insulino-resistenza e di monosaccaridi erano inferiori nelle persone con elevate quantità di batteri del tipo dei Batterioidi nel loro intestino. 

Gli scienziati hanno osservato l'effetto diretto dei batteri sul metabolismo ricorrendo prima ad analisi in coltura e poi a esperimenti sui topi. In coltura, i batteri Bacteroidales consumavano gli stessi tipi di monosaccaridi trovati nelle feci di persone con elevata resistenza all’insulina.  In particolare la specie Alistipes indistinctus ne consumava la maggiore varietà. Il risultato suggeriva quindi che questo tipo di batteri potesse, attraverso il processo di metabolizzazione, sottrarre all’organismo gli zuccheri in eccesso. 

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti sui topi obesi. Gli animali sono stati sottoposti a diversi trattamenti a base di batteri per valutare l’effetto di ognuno di questi sui i livelli di zucchero nel sangue. Tra tutti i microrganismi somministrati ai topi, l’A. indistinctus era quello che funzionava meglio nell’abbassare i livelli di zucchero nel sangue e nel ridurre la resistenza all’insulina e la quantità di carboidrati nelle feci. 

«A causa della sua associazione con la resistenza all’insulina, la presenza di batteri intestinali Lachnospiraceae potrebbe essere un buon biomarcatore per il pre-diabete. Allo stesso modo, il trattamento con probiotici contenenti A. indistinctus potrebbe migliorare l’intolleranza al glucosio nei soggetti con pre-diabete», commenta Hiroshi Ohno, a capo dello studio. 

I ricercatori però sconsigliano il “fai da te”: «Questi risultati devono essere verificati in studi clinici sull’uomo prima di poter arrivare a raccomandare qualsiasi probiotico come trattamento per la resistenza all’insulina», conclude Ohno.