Sclerosi multipla: un piccolo aiuto dalla dieta chetogenica
Si eliminano del tutto, o quasi, i carboidrati, aumentando il consumo di proteine e grassi. Così funziona a grandi linee la dieta chetogenica, considerato uno dei regimi alimentari più efficaci per dimagrire. Gli alimenti consentiti sono carne, pesce, uova, burro, verdure non amidacee (carote, broccoli, piselli), nocciole, mandorle, olio, formaggio. L’obiettivo è costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia. Ora si scopre che questo regime alimentare low carb assicura vantaggi che vanno oltre la perdita di peso. La dieta chetogenica sembrerebbe infatti migliorare la qualità di vita delle persone con sclerosi multipla, riducendo i sintomi e la disabilità.
Lo suggerisce uno studio i cui dati preliminari verranno presentati al meeting annuale dell’American Academy of Neurology (Seattle 2-7 aprile). I ricercatori hanno reclutato 65 persone con una diagnosi di sclerosi multipla recidiva-remittente, la forma più comune della malattia caratterizzata da fasi acute seguite da periodi di remissione senza sintomi o con sintomi lievi. I partecipanti hanno seguito una dieta chetogenica per sei mesi che consisteva in due o tre pasti al giorno ricchi di proteine, come uova, carne o pesce, accompagnate da due-quattro cucchiaini di grassi, come burro, olio, avocado, panna, e da una o due tazze di verdure non amidacee come cetrioli, verdure a foglia o cavolfiore. Erano consentiti anche gli snack tra un pasto e l’altro purché non venisse superata la soglia massima di 20 grammi di carboidrati al giorno. Nel corso dello studio i ricercatori si accertavano periodicamente attraverso le analisi delle urine che i partecipanti stessero seguendo fedelmente le indicazioni della dieta. Il parametro indicativo è la presenza dei chetoni, i metaboliti che vengono prodotti quando l’organismo comincia a bruciare i grassi. L’83 per cento dei partecipanti ha aderito alla dieta per l'intero periodo di studio. I sintomi della sclerosi multipla, il livello disabilità e la qualità di vita sono stati monitorati con questionari specifici una prima volta all’inizio dello studio, e poi successivamente dopo tre e sei mesi. Alla fine del periodo di osservazione, i partecipanti avevano perso peso ma soprattutto avevano punteggi migliori nei test di valutazione della depressione e della disabilità. Dopo sei mesi di dieta chetogenica i pazienti con sclerosi multipla dichiaravano anche di sentirsi meno stanchi.
Nel questionario sulla qualità di vita, sono state poste domande del tipo: ti sei sentito energico o esuasto? felice o scoraggiato e triste? Il punteggio andava da zero a 100, con i valori più alti che indicavano una salute fisica e mentale migliore.
Per quanto riguarda la salute fisica, all’inizio dello studio i partecipanti avevano in media un punteggio di 67 che era salito a 79 dopo i sei mesi di dieta. Sul fronte della salute mentale si è passati da un punteggio iniziale medio di 71 a un punteggio finale di 82. Sono stati osservati miglioramenti anche nella valutazione clinica della progressione della malattia. In una scala da zero a 10, con i valori superiori a indicare una disabilità maggiore, si è passati da 2,3 a 1,9. Nel test di camminata di 6 minuti, la distanza media iniziale era di 300 metri e quella finale di 520.
I ricercatori hanno anche prelevato campioni di sangue dei partecipanti osservando un miglioramento nei livelli dei marcatori infiammatori.
«Il nostro studio fornisce prove che una dieta chetogenica può effettivamente essere sicura e benefica, riducendo alcuni sintomi per le persone con sclerosi multipla, se seguita per un periodo di sei mesi. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche perché ci sono potenziali rischi associati alle diete chetogeniche, come calcoli renali, problemi digestivi e carenze nutrizionali. È importante che le persone con sclerosi multipla si consultino con il proprio medico prima di apportare grandi modifiche alla loro dieta e che siano regolarmente monitorate da un medico e da un dietista durante una dieta chetogenica», ha dichiarato Nicholas Brenton, della University of Virginia e membro della American Academy of Neurology.