Rispetto alla terapia personalizzata basata su un solo tipo di biopsia, i pazienti con tumori avanzati raggiungono una sopravvivenza significativamente migliore quando ricevono una terapia personalizzata basata sul rilevamento della stessa alterazione genomica sia con la biopsia su tessuto sia con quella liquida. In particolare, nel gruppo di pazienti con concordanza dei due esami, il controllo di malattia (PFS) a dodici mesi si è triplicato, passando dal 9,1% dei pazienti trattati con la terapia convenzionale al 27,2% ottenuto con la terapia a bersaglio molecolare. Questi risultati sono stati ulteriormente confermati dall’analisi della sopravvivenza globale nel gruppo dei pazienti trattati con terapia a bersaglio molecolare: 11,05 mesi nei pazienti con concordanza dei due test, 9,9 mesi nel gruppo con sola biopsia solida positiva e 4,05 mesi in quello con sola biopsia liquida positiva.
Sono i principali risultati di una analisi della profilazione genomica nello studio di fase II ROME Trial, presentato al meeting annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR, a Chicago dal 25 al 30 aprile).
«La profilazione genomica – spiega Paolo Marchetti, direttore scientifico dell’Idi di Roma e presidente della Fondazione per la Medicina personalizzata (Fmp) – è utilizzata nell’oncologia di precisione per aiutare a identificare alterazioni specifiche in un tumore che possono essere il bersaglio di una terapia. Sebbene i test possano essere eseguiti utilizzando un campione di sangue o di tessuto, non è ancora chiaro quale metodo debba essere preferito nella pratica clinica e in quali circostanze specifiche».
Le biopsie tissutali prelevano un campione direttamente dal tumore, ma richiedono una procedura chirurgica invasiva. Poiché il campione viene prelevato da un’area specifica del tumore, il test potrebbe non rilevare mutazioni presenti in altre parti. Le biopsie liquide richiedono solo un campione di sangue, ma potrebbero non rilevare mutazioni da tumori che non rilasciano abbastanza Dna nel flusso sanguigno. Queste differenze nelle modalità di raccolta dei campioni possono portare a risultati discordanti.
Tra novembre 2020 e agosto 2023, 1.794 pazienti adulti con tumori solidi avanzati o metastatici sono stati arruolati nel ROME Trial, studio indipendente, svolto con il patrocinio dell’Università di Roma La Sapienza, l’Istituto superiore di sanità e la Fondazione per la Medicina personalizzata. Ogni paziente ha fornito campioni per biopsie liquide e tissutali. Sui campioni è stato eseguito il sequenziamento di nuova generazione e i risultati sono stati analizzati da un Molecular Tumor Board per valutare la concordanza e la discordanza in base alle alterazioni considerate attivabili. Il board ha identificato 400 pazienti con alterazioni che potrebbero essere oggetto di una terapia personalizzata.
In questi 400 pazienti, le biopsie tissutali (T) e liquide (L) hanno identificato le stesse alterazioni attivabili nel 49,2% dei casi (197 pazienti, gruppo T+L), mentre alterazioni attivabili sono state identificate esclusivamente nella biopsia su tessuto nel 34,7% dei casi (139 pazienti) ed esclusivamente nella biopsia liquida nel 16% (64 pazienti). In entrambi i bracci i pazienti sono stati randomizzati a ricevere la terapia personalizzata o lo standard di cura in base alla scelta del clinico che ha presentato il caso.
La sopravvivenza globale (OS) mediana è risultata di 11,05 mesi nel gruppo T+L che ha ricevuto la terapia personalizzata rispetto a 7,7 mesi nel gruppo standard di cura, con una riduzione del 26% del rischio di morte per i pazienti del gruppo T+L. La sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è stata di 4,93 mesi rispetto a 2,8 mesi, con una riduzione del 45% del rischio di progressione nel gruppo T+L.
Al contrario, il beneficio di sopravvivenza della terapia personalizzata è stato meno pronunciato o assente nei pazienti con risultati discordanti.
Inoltre, il tasso di OS a 12-mesi è risultato del 47,8% nel gruppo T+L che ha ricevuto la terapia personalizzata e del 38,8% nel gruppo con lo standard di cura, mentre i tassi di PFS a dodici mesi sono stati del 27,2% e 9,1%, rispettivamente. Tra i pazienti T+L, il tasso di risposta obiettiva è stato del 20% nel braccio con la terapia personalizzata rispetto all’11,8% nel braccio con lo standard di cura.
Si tratta di dati «importanti» assicura infine Marchetti, e le valutazioni biologiche che ne derivano «rappresentano le premesse per i futuri approfondimenti».