Virus Oropouche, possibile rischio di trasmissione sessuale
Per la prima volta al mondo il virus Oropouche è stato isolato nel liquido seminale di un viaggiatore italiano di ritorno da Cuba al quale era stata diagnosticata l’infezione oltre due settimane prima. A farlo è stato l’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.
Arrivato per la prima volta questa estate in Europa, il virus Oropouche ha causato due morti in Brasile, dove è endemico da tempo, ha registrato circa 10 mila casi al mondo e cinque in Italia, tutti importati.
Chiamato anche “febbre del bradipo” o “virus della pigrizia”, Oropouche provoca febbre alta improvvisa, dolori muscolari e articolari, mal di testa intenso. In circa il 4% dei casi può infettare il sistema nervoso causando infiammazioni attorno al midollo spinale e al cervello, con sintomi neurologici.
La scoperta del Dipartimento di Malattie infettive, tropicali e microbiologia dell’Istituto di Negrar, pubblicata su Emerging Infectious Diseases, rivista dell'Agenzia federale USA per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC), apre nuovi, importanti scenari di salute pubblica e suggerisce che la trasmissione dell’infezione potrebbe avvenire anche tramite contatto sessuale oltre che attraverso la puntura di insetti.
«La nostra scoperta – sottolinea Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie infettive, tropicali e microbiologia dell’Irccs di Negrar - indica la possibilità di trasmissione dell’infezione da uomo a uomo, ancora a oggi mai descritta. Il livello di rischio per l’Italia è attualmente molto basso, tuttavia sono necessari ulteriori studi ed è importante non abbassare la guardia per evitare potenziali rischi».
La febbre Oropouche è un'infezione tropicale causata dall’omonimo virus (OROV), scoperto nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago, vicino al fiume Oropouche. Si tratta di un patogeno diffuso normalmente nella regione amazzonica e trasmesso all’uomo dalle punture di insetti.
«Il primo imperativo – spiega Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità di Virologia e patogeni emergenti del Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, co-autrice della pubblicazione - è quello di conoscere meglio questo virus sino a oggi poco studiato. Per questo motivo – aggiunge - dopo aver isolato il virus lo abbiamo messo subito a disposizione, in un’ottica di condivisione e collaborazione, di alcuni dei più importanti laboratori italiani ed esteri».