Arte e moda per raccontare il vissuto delle persone con la psoriasi pustolosa generalizzata

Malattie rare

Arte e moda per raccontare il vissuto delle persone con la psoriasi pustolosa generalizzata

di redazione

Che sia rara non c'è dubbio: la psoriasi pustolosa generalizzata (Gpp) colpisce circa 150 persone in Italia, l'1% dei pazienti con psoriasi. A loro provoca dolore fisico, eruzioni cutanee, senso di isolamento e incertezza, minaccia costante per la propria vita. Una condizione rappresentata da cinque sculture dell’artista Bart Hess a cui è stato dato il nome di “Unwearable Collection”, la Collezione “che nessuno vorrebbe mai indossare”, presentate in una mostra inaugurata giovedì 21 settembre al Dynamic Art Museum di Milano.

La mostra, per la prima volta in Italia dopo aver fatto il giro del mondo, ha inoltre ispirato un contest dedicato agli studenti dell’Accademia del lusso. I cinque progetti più rappresentativi del vissuto dei pazienti con Gpp hanno sfilato in occasione del vernissage della collezione.

L’iniziativa, presentata in una conferenza stampa a Palazzo Lombardia a Milano con la partecipazione del presidente Attilio Fontana, si inquadra nell’ambito della campagna “Sulla Mia Pelle: vivere con la GPP”, un progetto promosso da Boehringer Ingelheim Italia, Adoi (Associazione dermatologi-venereologi ospedalieri italiani e della sanità pubblica), Sidemast (Società italiana di dermatologia, venereologia e malattie sessualmente trasmesse), Apiafco (Associazione psoriasici italiani amici della fondazione Corazza) e Omar (Osservatorio malattie rare).

La psoriasi pustolosa generalizzata è una malattia grave: soprattutto le forme molto estese possono provocare complicanze potenzialmente pericolose per la vita, che richiedono in qualche caso un accesso al Pronto soccorso e il ricovero in un’unità di terapia intensiva. I dati sulla mortalità negli studi su pazienti con Gpp sono limitati, ma sono stati riportati tassi tra il 3% e il 7%.

Identificare la Gpp, inoltre, non è facile: per distinguerla da altre condizioni simili sono necessari esami di laboratorio, un'attenta valutazione dei sintomi cutanei e del decorso clinico e dei potenziali fattori scatenanti. La difficoltà di riconoscere la Gpp comporta molto spesso un ritardo nella diagnosi, anche di anni, e nell’accesso alle terapie, con ricadute negative sul piano fisico e sul benessere mentale e psicologico dei pazienti.

La “Unwearable Collection” descrive questa esperienza e l’intera campagna “Sulla Mia Pelle: vivere con la GPP” fa leva sulla coalizione tra Associazioni dei pazienti, professionisti, Società scientifiche, aziende e Istituzioni, con l’obiettivo di portare allo scoperto i bisogni insoddisfatti delle persone con Gpp e di accendere i riflettori sull’impatto della malattia, invitando il pubblico a “mettersi nei loro panni”.

«Con il progetto ci siamo posti l’obiettivo di richiamare l’attenzione su bisogni di salute concreti e non ancora pienamente soddisfatti – spiega Morena Sangiovanni, presidente di Boehringer Ingelheim Italia - a cominciare dal diritto a una diagnosi tempestiva, a una adeguata presa in carico e a una qualità della vita soddisfacente. Questo è anche l’impegno della “GPP Coalition”, che ci coinvolge al fianco del mondo scientifico, dell’advocacy e delle Istituzioni per contribuire a trovare risposte alle priorità dei pazienti».

Francesco Cusano, presidente dell' Associazione dermatologi-venereologi ospedalieri italiani e della sanità pubblica (Adoi), ritiene che sia «fondamentale» fare in modo che l’opinione pubblica sia «messa in condizione di essere consapevole delle problematiche dei pazienti, delle loro necessità, delle criticità che affrontano nella vita di tutti i giorni».

La consapevolezza è «senz’altro un elemento chiave ai fini della diagnosi precoce di Gpp – conferma Angelo Marzano, direttore della Dermatologia al Policlinico di Milano -e deve necessariamente coinvolgere tutti quei colleghi clinici che possono avere un primo contatto con i pazienti, ancora prima del dermatologo. Il mondo clinico deve fare uno sforzo per informare e per informarsi, nell’interesse dei pazienti che troppo spesso ricevono diagnosi tardive e che, quindi, non accedono tempestivamente al percorso di cura».

L’iniziativa «non mostra direttamente la malattia – osserva Valeria Corazza, presidente Apiafco – ma ne illustra simbolicamente gli effetti fisici e psicologici: un primo passo sicuramente utile per portare l’opinione pubblica ad avvicinarsi al nostro mondo e a cercare di capirlo meglio».

«Raccontare la vita quotidiana di chi vive con una malattia poco nota di per sé già un valore aggiunto» interviene Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore Omar: «Ma quando si riesce, come nel caso di questa campagna, a coinvolgere anche ambiti solitamente lontani dal mondo della “bolla della medicina” è come se si fosse conquistato un grande ripetitore».

La moda «non è solo costume – conferma Laura Gramigna, direttrice dell'Accademia del lusso di Roma - ma può essere un megafono forte per richiamare l’attenzione e creare “buzz” su temi rilevanti come, ad esempio, la salute e la ricerca. Con gli studenti di Accademia del lusso abbiamo voluto dare il nostro contributo mostrando, attraverso un linguaggio visivo esplicito e quasi brutale, cosa significhi soffrire di questa patologia».