Hiv, parlarne fa ancora paura
Una persona con Hiv su due rivela la propria condizione solo all’equipe sanitaria dalla quale è seguita. E sono le persone in una condizione clinica più fragile quelle che faticano di più a parlare del loro status di HIV al di fuori del contesto sanitario, evidenziando come anche l’auto-stigma oltre alla discriminazione possa compromettere la qualità di vita delle persone con Hiv.
È quanto emerge da un’indagine di Fondazione Icona presentata all’Italian Conference on AIDS and Antiviral Research di quest’anno (ICAR 2022). Su 531 persone con HIV intervistate, il 48 per cento ha rivelato a qualcuno (quindi oltre l’equipe sanitaria che la prende in carico) lo stato di HIV-positività, contro il 52 per cento che non lo ha fatto. Non si è riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa tra questi due gruppi in merito al carico di trattamento e malattia, tuttavia la diagnosi recente, la maggior compromissione immunologica e la fase iniziale del percorso terapeutico sembrano caratteristiche più legate al timore di parlare agli altri della condizione di HIV-positività. In particolare, si è visto che queste sono anche quelle persone che chiedono di parlare con l’equipe sanitaria di altri argomenti di salute oltre l’HIV e che desiderano avere anche informazioni sulle nuove opzioni terapeutiche. Colpisce come la mancata rivelazione dell’infezione da HIV al di fuori dell’ambiente sanitario interessi particolarmente le persone con HIV più fragili come mostra l’associazione indipendente con bassi CD4.
«La presa in carico delle persone con HIV non può più prescindere dal considerare anche il vissuto della persona in merito alla malattia stessa per definire gli interventi. Gli aspetti di socialità, quindi di rivelazione o meno della HIV-positività, costituiscono un buon indicatore per allertare il clinico e l’equipe sanitaria su sostegni e proposte di interventi specifici»ha commentato Antonella Cingolani, Università Cattolica S. Cuore, Fondazione Policlinico "A. Gemelli”, Roma.