Un italiano su tre ancora non si fida dei farmaci equivalenti, ma circa la metà è propenso all’acquisto
Quasi un italiano su tre nutre ancora dubbi sul fatto che i farmaci equivalenti abbiano la stessa efficacia di quelli cosiddetti “di marca” e uno su cinque dichiara che il medico indica sul ricettario solo quest’ultima tipologia. Il 47%, peraltro, sarebbe predisposto ad acquistare l’equivalente, mentre resiste un 19% che prediligerebbe comunque il brand.
Sono alcuni dei dati che emergono dalla indagine esclusiva realizzata da SWG, tra aprile e maggio di quest'anno, su un campione di 2.500 persone maggiorenni rappresentative della popolazione italiana. L'indagine è stata presentata mercoledì 22 maggio a Roma, in un evento promosso da Cittadinanzattiva nell’ambito della campagna Ioequivalgo, con il contributo non condizionato di Egualia.
Nel corso dell'incontro sono stati presentati anche i dati di una ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che per la prima volta ha scelto di introdurre tra gli indicatori di valutazione delle performance regionali e aziendali anche il ricorso agli equivalenti e i dati sul differenziale di prezzo versato di tasca propria dai cittadini per ritirare in farmacia il brand invece degli equivalenti. Nel 2022 la spesa a carico dei cittadini, comprendente la quota della compartecipazione (ticket regionali e differenziale), l’acquisto privato dei medicinali di classe A e la spesa dei farmaci di classe C, è stata di 9,9 miliardi, con un aumento del 7,6% rispetto al 2021. Il tutto con una costante: la spesa per la compartecipazione risulta generalmente più elevata nelle Regioni a basso reddito.
Come emerge dall’ultimo Report realizzato dal Centro studi di Egualia, nel 2023 i cittadini hanno versato di tasca propria 1.029 milioni di euro di differenziale di prezzo per ritirare il brand off patent, più costoso, invece che il generico-equivalente, a minor costo, interamente rimborsato dal Ssn. Il ricorso alle cure equivalenti continua però ad essere privilegiato al Nord (39,8% delle confezioni vendute) rispetto al Centro (29%) e al Sud (23,7%), a fronte di una media Italia del 32%. L’incidenza maggiore di consumo è nella Provincia autonoma di Trento (44,7%), in Friuli Venezia Giulia (41,9%) e in Piemonte (40%). In coda per consumi di equivalenti sono Sicilia (22,7%), Campania (21,9%) e Calabria (21,7%).
«Con i villaggi itineranti della campagna Ioequivalgo abbiamo fatto tappa in 22 città – ricorda Valeria Fava, responsabile coordinamento politiche della salute di Cittadinanzattiva - toccando tutte le regioni d’Italia e abbiamo coinvolto gli studenti di alcuni istituti in Campania, Lazio, Piemonte e Umbria. Inoltre abbiamo sottoscritto singoli protocolli di intesa con alcune Regioni, Campania, Sicilia, Marche e Sardegna, per costruire alleanze volte a semplificare l’accesso ai farmaci equivalenti. Crediamo che a questo punto sia necessaria una grande campagna di informazione e comunicazione istituzionale rivolta alla cittadinanza e agli operatori sanitari, medici, farmacisti, infermieri, per superare le resistenze di tipo culturale, ma anche gli ostacoli pratici nella domanda e nell’offerta di questi farmaci».