Malattie cardiache: per le donne meno ricoveri in ospedale, ma più morti
Negli ultimi quaranta anni la mortalità totale si è più che dimezzata e il contributo dalle malattie cardiovascolari è stato quello che più ha influito sul trend in discesa. Il 40% di questa riduzione è attribuibile ai trattamenti farmacologici e ben il 55% è dovuta al miglioramento del controllo dei fattori di rischio.
A dirlo è Domenico Gabrielli, presidente della Fondazione per il tuo cuore dei cardiologi ospedalieri ((Anmco) e direttore della Cardiologia dell’Ospedale S. Camillo di Roma, in vista della Giornata mondiale del cuore del 29 settembre.
La prevenzione, come ricorda Gabrielli, è l’arma più efficace per contrastare l’insorgenza e la progressione delle malattie cardiovascolari «che colpiscono indistintamente uomini e donne».
La percezione che le donne rappresentino una popolazione a basso rischio per le patologie cardiovascolare, infatti, deve essere «riconsiderata – avverte lo specialista - ed è bene sfatare l’erronea convinzione che queste malattie siano tipiche del sesso maschile, poiché a fronte di un tasso di ospedalizzazione in Italia quasi doppio negli uomini rispetto alle donne per patologie acute cardiovascolari, la mortalità in Europa, sia in termini assoluti che percentuali è maggiore nelle donne rispetto agli uomini. Le donne muoiono ogni anno più per malattie cardiovascolari che di cancro al seno o all’utero – sottolinea Gabrielli - ma nonostante questi dati preoccupanti le malattie cardiovascolari nel sesso femminile rimangono poco riconosciute e in molti casi poco comprese non avendo ancora ottenuto la stessa consapevolezza pubblica della malattia cardiovascolare maschile».
Anche se nelle donne l'esordio clinico della malattia cardiaca ischemica si presenta generalmente con un ritardo di oltre dieci anni rispetto agli uomini grazie alla protezione degli ormoni femminili fino alla menopausa, gli eventi cui vanno incontro sono invece più gravi in tutte le fasce d’età e la mortalità per eventi coronarici è superiore nelle donne rispetto agli uomini. «Dunque anche per le giovani donne, che presentano meno probabilità di ammalarsi, vi è una maggiore mortalità e complicanze in caso di insorgenza di patologia ischemica» avverte Gabrielli.
«Il ruolo del “genere” è ormai dunque ampiamente riconosciuto – conclude il presidente della Fondazione per il tuo cuore -e la conoscenza delle manifestazioni specifiche di malattia cardiovascolare può a mio avviso contribuire a diminuire le disparità di assistenza sanitaria per le donne e migliorare la salute globale».