Per oltre sei dipendenti su dieci alle aziende non importa del loro benessere psicofisico
Le aziende non sono abbastanza attente al benessere dei lavoratori: così la pensa il 61,7 per cento dei lavoratori, almeno secondo i dati del 7° Rapporto Censis-Eudaimon, presentato il 18 settembre scorso.
Più in dettaglio, a sostenere questa tesi sono il 62,3% degli impiegati, il 68,4% degli operai e il 39,2% dei dirigenti. Le cose cambiano quando si fa riferimento a categorie specifiche di lavoratori più vulnerabili. In questo caso reputano adeguata l’attenzione aziendale il 61,5% degli occupati in relazione alle esigenze di chi ha figli, il 71% a quelle delle donne che rientrano dalla maternità, il 62,9% alle esigenze delle persone con salute fragile. Va segnalato che tra le donne occupate sono sistematicamente più alte, rispetto ai maschi, le quote d’insoddisfatte dell’attenzione aziendale per chi ha figli, per le lavoratrici che rientrano dalla maternità e per le persone con salute fragile. Il 52,4% valuta positivamente l’attenzione aziendale alle condizioni basiche dei lavoratori, a cominciare dalla sicurezza, ma le donne esprimono un giudizio un po’ meno positivo. Netta è la diversità di valutazione tra dirigenti e quadri da un lato e impiegati e operai dall’altro: mentre i primi valutano adeguata l’attenzione aziendale alle problematiche ed esigenze di persone con figli, donne al rientro dalla maternità e persone con salute fragile, i secondi sono molto meno positivi nei giudizi con una drastica caduta delle quote che appunto valutano adeguata l’attenzione aziendale.
Una situazione che si riscontra anche a livello internazionale. In un sondaggio riportato da Yahoo Finance, l'85% dei dirigenti aziendali intervistati ha dichiarato di essere a conoscenza di dipendenti nella propria organizzazione che stanno vivendo il rischio burnout. Circa il 54% dei lavoratori intervistati ha dichiarato di aver sperimentato burnout o problemi relativi alla salute mentale nell'ultimo anno, con il settore finanziario e IT che hanno registrato i tassi più alti di burnout, rispettivamente al 58% e 55%. Inoltre, il 47% dei lavoratori ha dichiarato che migliorare la salute mentale e il benessere era una priorità per la loro carriera nel 2024.
«La figura del Welfare coach, che lanciammo anni fa, è stata fondamentale per spiegare il welfare in anni in cui se ne parlava meno – sostiene Alberto Perfumo CEO di Eudaimon - e oggi come allora continuiamo a credere che informazione e formazione siano alla base del successo di una strategia Welfare in azienda. Oggi questo non passa più solo dal Welfare coach ma da un mix di strumenti digitali e coaching individuale che rende più efficace il supporto fornito e agevola la fruizione dei contenuti e l’accesso ai servizi: ecco perché abbiamo pensato, sviluppato e lanciato Euty e continuiamo a investirci».