Oms: in Europa muoiono per annegamento 20mila persone l’anno

L’emergenza

Oms: in Europa muoiono per annegamento 20mila persone l’anno

Playa_el_sardinero_santander_-_panoramio_(17).jpg

Immagine: Carlos Cunha, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Molte morti sarebbero prevenibili con misure di sicurezza adeguate e maggiore consapevolezza dei rischi. Il consumo di alcol è uno dei fattori di rischio principali per gli incidenti in acqua. Il 75% dei decessi per annegamento tra i migranti avviene nel Mediterraneo o nel Canale della Manica

20mila morti all’anno. Qualunque fenomeno con queste conseguenze verrebbe considerato un’emergenza di salute pubblica. Eppure l’annegamento stenta a essere percepito come una minaccia reale e diffusa. Lo è a tutti gli effetti e lo è soprattutto in Europa a cui quel dato così rilevante è riferito. Perché nelle acque europee (nel Mediterraneo in primis) avvengono i naufragi dei pescherecci che mettono fine alle vite di tante persone partite con la speranza di nuove opportunità (600 morti nella recente tragedia dell’Adriana nelle acque tra Grecia e Italia), ma anche perché tanti uomini, donne e bambini, muoiono singolarmente in diverse circostanze più o meno eclatanti, più o meno degne dell’attenzione mediatica.

In occasione della giornata mondiale della prevenzione degli annegamenti (25 luglio), Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Europa ricorda che in Europa (intesa come regione dell’Oms) l’annegamento è la seconda causa di morte nei bambini  tra i 5 e i 14 anni e che il 76 per cento delle morti per annegamento tra i migranti avviene nel Mediterraneo o nel canale della Manica. Molti casi si potrebbero prevenire. 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che almeno 236mila persone muoiano ogni anno nel mondo per annegamento. Potrebbero essere molti di più perché i dati si riferiscono solo agli incidenti (annegamento involontario) e non ai suicidi o alle catastrofe ambientali. Considerando tutte le circostanze, la mortalità per annegamento potrebbe essere sottostimata del 30-50 per cento.

Almeno così suggeriscono i dati del sistema di sorveglianza del Regno Unito che raccoglie tutti i casi di morte per annegamento indipendentemente dalla causa. Ebbene, con questo monitoraggio allargato il tasso di mortalità è del 165 per cento superiore a quello calcolato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità con la metodologia più selettiva. L’annegamento può anche causare un ampio spettro di lesioni non mortali con conseguenze significative sulla salute, che vanno dalla compromissione respiratoria dovuta all'inalazione di acqua alle lesioni cerebrali per ipossia. Questo tipo di problemi è più difficile da quantificare e spesso sfugge alle indagini statistiche. 

L’Europa si distingue per alcune caratteristiche epidemiologiche specifiche del fenomeno. La mortalità per annegamento nei maschi di età compresa tra 30 e 49 anni è la più alta di tutte le 6 regioni dell'Oms. Un dato che suggerisce che in Europa si muoia più per cause accidentali che per le inondazioni dovute a catastrofi ambientali. 

In molti casi l’incidente in acqua è causato dall’alcol. E non c’è da stupirsi visto che in Europa si registra il più alto consumo di alcol pro capite di qualsiasi regione dell'Oms. L’alcol è la causa accertata del 26 per cento di tutti i decessi per annegamento nella Regione Europea.

Si aggiungono i morti per annegamento tra i migranti. Secondo il Missing Migrants Project dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), circa 34mila persone sono annegate durante il viaggio per raggiungere la meta desiderata da quando è iniziata la raccolta dei dati nel 2014. Una cifra equivalente al 60 per cento di tutti i decessi associati alla migrazione registrati.  D questi, quasi 4 su 5 (76%) si sono verificati nel Mediterraneo e nel Canale della Manica, entrambi all'interno della regione europea dell’Oms.