I danni alla sostanza bianca del cervello marker precoce dell'Alzheimer
Scovare l'Alzheimer molto prima della comparsa dei sintomi e non andando a guardare la degenerazione della sostanza grigia del cervello, bensì quella della sostanza bianca. Secondo i ricercatori dell'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, infatti, il danno alla sostanza bianca potrebbe rappresentare un marker precoce per la malattia di Alzheimer. È quanto confermano i risultati di uno studio clinico finanziato dal Ministero della salute e appena pubblicato sulla rivista Radiology.
La malattia di Alzheimer è una patologia neurologica progressiva e irreversibile che altera la memoria e le funzioni cognitive e si caratterizza anatomicamente per la presenza di depositi anomali di placche amiloidi e proteina tau a livello del cervello e per una progressiva perdita di tessuto cerebrale. Non è ancora chiaro però quale sia il meccanismo in grado di innescare la malattia.
«L'Alzheimer è una malattia della sostanza grigia, tuttavia il danno alla sostanza bianca gioca un ruolo centrale nel determinare le modalità di comparsa e di progressione della malattia», spiega Federica Agosta, ricercatrice presso l'Unità di Neuroimaging Quantitativo dell'Irccs Ospedale San Raffaele e co-autrice dello studio insieme a Francesca Caso.
Le ricercatrici sono giunte a questa conclusione dopo aver studiato la sostanza bianca di 53 pazienti malati di Alzheimer attraverso uno strumento di imaging avanzato, detto Dti (Diffusion tensor imaging). La tecnica di risonanza magnetica avanzata sfrutta il movimento delle molecole di acqua per caratterizzare la microstruttura dei tessuti biologici ed è estremamente sensibile alle alterazioni della sostanza bianca. In questo modo è stato possibile analizzare tre tipi di Alzheimer, quello ad esordio precoce e due varietà atipiche di Alzheimer giovanile dette 'sindromi focali' che colpiscono soltanto alcune parti del cervello.
«Nel nostro studio abbiamo utilizzato la Dti per individuare analogie e differenze nel danno della sostanza bianca nell'ambito di tutto lo spettro della malattia di Alzheimer ad esordio giovanile e in rapporto ai quadri di atrofia corticale», aggiungono le autrici.
Dall'analisi è emerso che tutti i pazienti avevano un esteso danno alla sostanza bianca (corpo calloso, fornice e fasci principali antero-posteriori) e presentavano danni regionali a carico della sostanza grigia. «Ma il danno alla sostanza bianca nei pazienti con sindromi focali era molto più grave e diffuso del previsto e non spiegabile solo attraverso l'atrofia della sostanza grigia, che era più localizzata», spiega Agosta.
A differenza dell'Alzheimer a esordio tardivo, che colpisce dopo i 65 anni ed è caratterizzato principalmente da una progressiva perdita di memoria, i soggetti con Alzheimer ad esordio precoce presentano alterazioni a carico di diverse parti del cervello in aggiunta al classico quadro di atrofia dell'ippocampo e conseguenti deficit delle funzioni esecutive e visuo-spaziali. Le sindromi focali possono determinare alterazioni visive e deficit di linguaggio. Secondo i ricercatori milanesi, questa scoperta supporta l'ipotesi che l'Alzheimer 'viaggi' lungo le fibre della sostanza bianca, da una regione all'altra del cervello.
«Nelle forme a esordio giovanile e in quelle atipiche la degenerazione della sostanza bianca può rappresentare un marcatore precoce, che precede la comparsa di atrofia della sostanza grigia», spiega Massimo Filippi, direttore dell'Unità di Neuroimaging Quantitativo dell'Irccs Ospedale San Raffaele. «Per questo la Dti ha le potenzialità di svelare l'estesa disorganizzazione dei circuiti cerebrali nelle forme focali, persino prima della comparsa di deficit cognitivi conclamati. Si tratta di un'opportunità diagnostica importante perché nelle prime fasi dell'Alzheimer focale potrebbe non esserci un grave danno strutturale e dunque i pazienti rischiano di sfuggire alla diagnosi e di essere esclusi così dai trial clinici».