Il sogno degli italiani: una sanità più vicina
Strutture sanitarie di prossimità riconoscibili e di facile accesso per le cure primarie, farmacie potenziate come centri servizi, un maggiore investimento su interventi per patologie gravi, acute o croniche, un più intenso ricorso a digitale e telemedicina.
È questo il modo in cui gli italiani vorrebbero la sanità nel prossimo futuro secondo uno studio Censis, che ha indagato i comportamenti e le attitudini di salute e le aspettative dei cittadini sulla sanità del futuro.
Lo studio è stato illustrato nel corso dell’evento istituzionale di Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, organizzato con Fortune Italia, intitolato “La sanità che vorrei: il valore dell’automedicazione responsabile”.
«I cittadini chiedono una gestione sempre più territoriale e autonoma dei piccoli disturbi», ha affermato il presidente di Assosalute-Federchimica Salvatore Butti. «Come Assosalute sono due gli aspetti su cui vogliamo concentrarci: supportare la collaborazione tra i medici di medicina generale e i farmacisti affinché “intercettino” questa domanda di salute dei cittadini e la supportino nel rispetto delle specifiche professionalità; promuovere e sviluppare azioni di informazione e di educazione al cittadino sui temi della salute affinché possano contribuire alla crescita della cultura sanitaria del nostro Paese e alla sostenibilità del nostro sistema sanitario».
In quest’ottica il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) potrebbe rappresentare un’occasione per ripensare la sanità del futuro.
Per gli italiani il modo migliore per spendere i 20 miliardi di euro destinati alla salute dal PNRR è il potenziamento degli ospedali (55,1%), l’aumento del personale sanitario (53,9%) e di investimenti nella ricerca scientifica (51,7%), il potenziamento della sanità territoriale (51%) e l’ammodernamento di macchinari e tecnologie per diagnosi e cure (50,6%).
«Le richieste dei cittadini tracciano un percorso chiaro: nella sanità del futuro si aspettano risorse per migliorare il Sistema Sanitario e potenziare la sanità territoriale. L’evento di oggi è stato l’occasione per presentare agli interlocutori coinvolti questi riscontri e discutere insieme su come rafforzare il contributo dell’automedicazione responsabile per sostenere la nuova governance del nostro Servizio Sanitario Nazionale e la crescente domanda di autonomia e salute da parte dei cittadini», ha concluso Butti.
Lo studio ha indagato anche il rapporto con l’automedicazione degli italiani nell’ultimo anno.
È emerso che sono oltre 46 milioni gli italiani che hanno sofferto di almeno un piccolo disturbo nell’ultimo anno, con alcuni malanni che hanno visto un forte aumento in questi mesi di pandemia: il 60,3% degli italiani ha sofferto di mal di schiena (+20,1% rispetto al 2017), il 49% di mal di testa (+23,1%), il 35,2% di mal di stomaco, reflusso gastro-esofageo, problemi digestivi (+19,5%).
Nell’anno dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, inoltre, vi è stato un intenso ricorso ai medicinali di automedicazione tanto che il 65,4% degli italiani si è autogestito, ricorrendo a farmaci senza obbligo di ricetta che già conosceva: a farlo di più sono i giovani (77,8%), laureati (72,8%), occupati (71,6%). Per il 76,1% di questi l’automedicazione si è rivelata decisiva o importante per guarire e svolgere le attività a cui si avrebbe dovuto rinunciare.
Dalla ricerca è emerso inoltre l’atteggiamento responsabile nei confronti dell’automedicazione: fatta 100 la quota di italiani che si sono autogestiti, il 77,4% si è rivolto anche al medico o al farmacista.
«Da oltre 50 anni Assosalute promuove progetti per valorizzare l’automedicazione responsabile e l’empowerment del cittadino con l’obiettivo di contribuire alla crescita della cultura sanitaria del nostro Paese e alla sostenibilità del nostro Sistema Sanitario», ha affermato Salvatore Butti. «La pandemia ha accelerato alcuni processi e messo sotto gli occhi di tutti – cittadini, professionisti del settore e Istituzioni – la necessità di far fronte alla domanda di salute crescente, che non sempre riesce a essere corrisposta dalle risorse non illimitate del nostro Sistema Sanitario».
«Lo studio evidenzia un ricorso diffuso all’automedicazione, un trend che non solo si conferma nel tempo, ma che addirittura si è rafforzato proprio durante la pandemia. I dati certificano come l’automedicazione faccia parte dell’evoluzione culturale e sanitaria degli italiani e quanto giochi un ruolo strategico perché, se praticata in modo responsabile, permette di liberare risorse che possono essere investite per la cura di altre patologie e per sostenere l’innovazione. I risultati dimostrano come cittadini consapevoli possono curarsi in modo efficace e riprendere prima le attività, un dato che evidenzia il contributo dell’automedicazione anche in termini di riduzione delle assenze dal lavoro e taglio di costi sanitari, economici e sociali», ha aggiunto Francesco Maietta, responsabile Area Politiche Sociali del Censis.