I traumi alla testa lasciano il segno. Rischio demenza per gli atleti di football americano

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I traumi alla testa lasciano il segno. Rischio demenza per gli atleti di football americano

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Immagine: Collinj, CC BY-SA 2.0 DE <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/de/deed.en>, via Wikimedia Commons
di Roberto Amato
Giocatori di football, pugili, calciatori, rugbisti. Insomma qualunque atleta esposto per molti anni a colpi alla testa rischia di sviluppare iperintensità della sostanza bianca, un’anomalia del cervello associata a declino cognitivo e demenza

L’iperintensità della sostanza bianca è un’alterazione della sostanza bianca del cervello piuttosto frequente nelle persone anziane o in chi soffre di ipertensione. Ora uno studio su Neurology dimostra che la stessa anomalia, associata a declino cognitivo, compare negli atleti che per molti anni della loro vita si sono dedicati a sport di contatto, football americano, calcio, pugilato, rugby subendo ripetutamente colpi alla testa. 

Lo studio è stato condotto post mortem sui campioni di cervello donati alla scienza da 75 persone che nella loro carriera sportiva avevano ricevuto parecchie “botte in testa”, colpendo la palla per esempio o scontrandosi con gli avversari, o cadendo al suolo.  In particolare tra i partecipanti c’erano 67 giocatori di football americano e otto atleti di differenti specialità tra cui calcio e boxe oltre ad alcuni militari veterani. Tutti avevano svolto la loro attività per un prolungato periodo di tempo, almeno 12 anni. 

I ricercatori hanno raccolto i dati delle cartelle cliniche degli individui coinvolti nello studi comprese le immagini della risonanza magnetica effettuate quando gli atleti avevano in media 62 anni. 

I ricercatori hanno attribuito una diagnosi di demenza al 64 per cento dei partecipanti sulla base dei dati clinici e dei racconti dei famigliari. Dalle autopsie è emerso che il 71 per cento dei partecipanti aveva sofferto di encefalopatia traumatica cronica, chiamata anche, e non a caso “sindrome da demenza pugilistica”, una malattia neurodegenerativa associata a ripetuti colpi in testa che può portare alla demenza. 

Dopo aver esaminato le scansioni cerebrali, i ricercatori hanno scoperto che per ogni differenza di una unità nel volume dell’iperintensità della sostanza bianca raddoppiava la probabilità di andare incontro ad anomalie cerebrali tipiche delle malattie neurodegenerative come l’accumulo delle proteine tau nel lobo frontale. 

L'accumulo di proteina tau è un biomarcatore delle malattie cerebrali degenerative come il morbo di Alzheimer e l’encefalopatia traumatica cronica. I ricercatori hanno anche scoperto che livelli maggiori di iperintensità della sostanza bianca erano associati a periodi di attività sportiva più lunghi. Il rischio di un aumento dell’iperintensità della sostanza bianca cresceva con l’aumentare degli anni passati in campo (o sul ring o in altri contesti a rischio di trauma cranico). 

«I nostri risultati sono entusiasmanti perché mostrano che l'iperintensità della sostanza bianca potrebbe indicare danni a lungo termine al cervello nelle persone che hanno una storia di colpi ripetuti alla testa. Le iperintensità della sostanza bianca emerse con la risonanza magnetica possono effettivamente essere uno strumento efficace per studiare gli effetti dei ripetuti colpi alla testa sulla sostanza bianca del cervello mentre l'atleta è ancora in vita», ha dichiarato Michael Alosco della Boston University School of Medicine autore dello studio.