Se stai imparando lo dicono gli occhi

Lo studio

Se stai imparando lo dicono gli occhi

di redazione

L’apprendimento statistico, cioè quello in cui acquisiamo informazioni in modo automatico e inconsapevole, si può rintracciare persino in una delle nostre reazioni più semplici e inconsapevoli: la costrizione o dilatazione della pupilla dei nostri occhi, evocata dalla vista di un’immagine.

A dimostrarlo è uno studio di ricercatori delle Università di Pisa, Sydney, Firenze e Salento, appena pubblicato sulla rivista Current Biology.

Lo studio, come spiega Paola Binda, professoressa dell’Università di Pisa e prima autrice del lavoro, dimostra che il nostro sistema visivo è sensibile alle regolarità statistiche del nostro ambiente anche quando non siamo in grado di percepirle in modo consapevole. «Il diametro pupillare – aggiunge - si conferma una ricca fonte di informazioni sul funzionamento dei nostri sistemi sensoriali e cognitivi: una vera e propria finestra sulla mente e sulle sue capacità di apprendimento».

La rucerca parte dalla considerazione che tantissime informazioni su cui si basa il nostro comportamento sono apprese in modo spontaneo e inconsapevole, come l’acquisizione del linguaggio: «Per imparare non ci servono istruzioni o indicazioni – osserva Binda – siamo capaci di farlo sin dalle prime settimane di vita, semplicemente ascoltando i suoni della nostra lingua. Probabilmente, questa forma di “apprendimento statistico” è importante per estrarre un senso da tutti i segnali sensoriali, non solo uditivi».

i ricercatori hanno mostrato ai pazienti immagini che riportavano insiemi di barrette apparentemente casuali. La loro successione temporale era molto rapida e regolata da una semplice struttura statistica. Data la velocità con cui le immagini si susseguivano e la disposizione variabile degli elementi, questa struttura temporale non era percepibile. Nonostante ciò, il diametro pupillare oscillava sistematicamente.

«Grazie a questa metodologia innovativa - conclude Binda è possibile seguire in modo indiretto e non invasivo l’evolversi di processi cerebrali complessi. Nel lungo termine, questo tipo di ricerca potrebbe consegnarci nuovi strumenti per caratterizzare le differenze interindividuali dell’apprendimento e le sue disfunzioni».