Alzheimer, basta pensare che sia solo vecchiaia
Avere difficoltà di memoria; non riuscire a concentrarsi; essere confusi su tempo e luogo in cui ci si trova; difficoltà a trovare le parole giuste e svolgere le normali attività quotidiane. Tutto questo non è il normale decorso della vita e dell’avanzare degli anni. È demenza.
Eppure per l’’80% della popolazione mondiale non è così ed è convinta che la demenza sia una normale conseguenza dell’invecchiamento. E non è solo la popolazione generale a sbagliare: lo fa anche il 65% dei sanitari.
Sono i dati che arrivano dal Rapporto Mondiale Alzheimer 2024 redatto da ADI – Alzheimer’s Disease International e diffuso in Italia dalla Federazione Alzheimer Italia in occasione della XXXI Giornata Mondiale Alzheimer che si celebra oggi, 21 settembre.
Il rapporto (“World Alzheimer Report 2024. Global changes in attitudes to dementia”) contiene la i risultati della più vasta indagine mai condotta al mondo sulle convinzioni, i comportamenti e gli atteggiamenti nei confronti della demenza e i cambiamenti avvenuti rispetto alla prima ricerca di questo tipo, risalente al 2019.
Gli intervistati sono stati 40.000 – tra persone con demenza, caregiver, personale sanitario e assistenza e pubblico in generale – provenienti da 166 Paesi e i dati sono stati analizzati dalla London School of Economics and Political Science (LSE).
I risultati del sondaggio rivelano come lo stigma che circonda la demenza stia peggiorando tra l’opinione pubblica e persino tra gli operatori sanitari. Questa situazione ha ovviamente pesanti conseguenze su chi convive con questa condizione: l’88% dichiara infatti di aver sperimentato lo stigma in prima persona, con un aumento del 5% rispetto al 2019; il 31% evita le situazioni sociali e il 36% ha smesso di cercare lavoro per paura di essere discriminato. I risultati riguardanti i caregiver sono altrettanto preoccupanti, con il 47% che non accetta più gli inviti di amici e familiari e il 43% che non invita più ospiti a casa.
Il Rapporto contiene inoltre 24 saggi di esperti di tutto il mondo su questioni generali relative all’atteggiamento nei confronti della demenza, nonché casi studio riguardanti lo stigma e le iniziative per combatterlo.
«In Italia sono 1.480.000 le persone con demenza, destinate a diventare 2.300.000 entro il 2050», afferma Katia Pinto, presidente della Federazione Alzheimer. «Siamo quindi estremamente preoccupati di fronte a questi dati. Lo stigma porta con sé isolamento sociale, che è un comprovato fattore di rischio per la demenza e può contribuire a peggiorarne i sintomi e la salute mentale in generale, non solo della persona che ne è colpita, ma anche dei suoi familiari».
« Le opinioni scorrette sulla demenza tra gli operatori sanitari – aggiunge Paola Barbarino, amministratrice delegata di ADI - possono ritardare la diagnosi e l’accesso al trattamento, all’assistenza e al supporto adeguati. È necessario che tutte le persone appartenenti a questa categoria professionale siano pienamente consapevoli e convinti del fatto che la demenza è una condizione medica causata da un insieme di cause, tra le quali l’Alzheimer è la più diffusa. Solo così potranno offrire alle persone con demenza una vera presa in carico, che consenta loro di mantenere la miglior qualità di vita possibile il più a lungo possibile».
Dal Rapporto Mondiale emergono comunque anche dei dati positivi. La maggior parte degli intervistati si sente più sicura nello sfidare lo stigma e la discriminazione rispetto al 2019, soprattutto nei Paesi ad alto reddito (64%). Sempre più persone sono consapevoli degli effetti del proprio stile di vita sul rischio di sviluppare la patologia, con oltre il 58% del pubblico in generale che ritiene che la demenza sia causata da abitudini non sane. Più del 96% del pubblico crede nell’importanza di una diagnosi medica.
È aumentata infine la consapevolezza a livello politico-sociale: l’80% dei comuni cittadini ritiene di poter cambiare il sostegno fornito alle persone con demenza attraverso il proprio voto, e oltre il 93% ritiene che ci siano cose che si possono fare per migliorare la vita delle persone con demenza.
«È giusto sottolineare anche questi aspetti incoraggianti», prosegue Pinto. «Noi lo ribadiamo da sempre: la vita di una persona non finisce con la diagnosi di demenza, ed è confortante sapere che questa affermazione è sempre più condivisa. La Federazione Alzheimer ha avviato il progetto Dementia Friendly Italia per combattere lo stigma e costruire una società in cui le persone con demenza e le loro famiglie possano sentirsi sempre accolte e comprese. Continueremo su questa strada, ma serve l’impegno di tutti: governi, istituzioni, professionisti sanitari, semplici cittadini. Solo così potremo abbattere il muro di vergogna ed errate conoscenze che ancora troppo spesso impedisce alle persone con demenza di ricevere un’assistenza adeguata e completa e di vivere una vita piena e dignitosa».