Depressione: l'interleuchina 2 migliora la risposta alle cure
L'interleuchina 2, una molecola normalmente presente nell'organismo, con funzioni di immunomodulazione, porta benefici ai pazienti con disturbo depressivo maggiore e disturbo bipolare. È quanto dimostra uno studio condotto dai ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele pubblicato su Brain Behavior and Immunity.
L’interleuchina 2 ha già dimostrato un’efficacia anti-infiammatoria in patologie autoimmuni ed è già in uso sul mercato, benché in formulazioni diverse dalle microdosi utilizzate in questo studio.
Da studi precedenti è emerso che una attivazione infiammatoria sistemica precede e si associa alla comparsa di episodi depressivi nel corso del disturbo depressivo maggiore (MDD) o del disturbo bipolare (BD), osservabile con un aumento della produzione di citochine, l’alterazione dell'espressione genica nelle cellule circolanti e l’a attivazione della microglia cerebrale, con conseguente sovvertimento dell'equilibrio omeostatico nella produzione di neurotrasmettitori e nella manutenzione dell'apparato sinaptico dei neuroni.
La letteratura inoltre indica che il 30-50 per cento delle persone con disturbi dell’umore presenta uno stato infiammatorio clinicamente identificabile. La depressione, in particolare quando resistente alle terapie antidepressive tradizionali, è accompagnata da uno stato infiammatorio che investe l’intero organismo. I pazienti depressi, infatti, sono più vulnerabili alle malattie infiammatorie e autoimmuni e, a loro volta, queste malattie scatenano la depressione anche in chi non ne ha mai sofferto: la depressione che ha colpito le persone sopravvissute a Covid-19 ne è un esempio.
Le evidenze più recenti suggeriscono che questa attivazione pro-infiammatoria sia una conseguenza di un più generale squilibrio immunitario, con segni di senescenza delle cellule linfocitarie, e loro eccessiva attivazione in senso infiammatorio e autoimmune. Da qui l'ipotesi di stimolare le componenti regolatorie del sistema immunitario, non bloccando le sue funzioni (come si tentò di fare, in passato, con farmaci anti-infiammatori e anticorpi monoclonali) ma indirizzandone l'attività verso un migliore equilibrio omeostatico.
L’attenzione dei ricercatori si è concentrata sull’interleuchina 2, una molecola in grado di influenzare l’attività dei linfociti T, stimolando la produzione di nuove cellule e le loro funzioni regolatorie sull’immunità e sull’infiammazione.
Lo studio ha valutato la sicurezza, l’efficacia e le risposte biologiche di Interleuchina 2 (IL-2) a basso dosaggio in pazienti depressi con disturbo depressivo maggiore (MDD) o disturbo bipolare (BD). Sono stati reclutati 36 pazienti nel reparto per i disturbi dell'umore dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – Turro e sono stati divisi in due gruppi, per ricevere o interleuchina 2 (12 con depressione e 12 con disturbo bipolare), o placebo (6 con depressione e 6 con disturbo bipolare).
Il trattamento con interleuchina 2 (IL-2) a basso dosaggio era associato alle tradizionali terapie antidepressive che i pazienti stavano assumendo. I cambiamenti nelle frequenze cellulari indotte dalla interleukina sono stati rapidamente ottenuti nei primi cinque giorni di trattamento, e hanno predetto il successivo miglioramento della gravità della depressione, senza effetti collaterali di rilievo. Proporzionalmente alla stimolazione dei linfociti T, i partecipanti allo studio hanno mostrato un potenziamento della risposta antidepressiva, anche quando affetti da forme di depressione resistente ai trattamenti tradizionali.
Lo studio ha quindi confermato che i meccanismi immuno-infiammatori rappresentano obiettivi promettenti per la farmacologia antidepressiva, e che la correzione degli squilibri tra le componenti infiammatorie e regolatorie del nostro sistema immunitario può rappresentare una nuova strategia terapeutica per la depressione resistente.