Le nanoplastiche alterano il microambiente osseo

Lo studio

Le nanoplastiche alterano il microambiente osseo

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Immagine: Oregon State University, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Uno studio dell’Università degli Studi di Milano ha ricostruito l’impatto delle nanoplastiche sulle tre principali tipologie cellulari coinvolte nel mantenimento della massa ossea. Scoprendo che ne modificano la normale attività, aumentando il rischio di malattie legate all’impoverimento osseo

Le nanoplastiche danneggiano le ossa. Più precisamente: le nanoplastiche (particelle di plastica le cui dimensioni vanno da 1 a 100 nanometri) alterano il delicato equilibrio del microambiente osseo  aumentando la suscettibilità a sviluppare patologie legate all’impoverimento osseo. Lo hanno dimostrato i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano in uno studio pubblicato sul Journal of Hazardous Materials

«A oggi esistono pochi studi inerenti agli effetti indotti dall’esposizione alle nanoplastiche su modelli ecotossicologici e ancora meno studi sull’uomo. Proprio da questo nasce la nostra ricerca, che ci ha permesso di descrivere l’azione di questi contaminanti sull’osso, usando un modello in vitro che potesse fornirci una visione ad ampio spettro», spiega la coordinatrice dello studio Lavinia Casati.

Per poter scattare la fotografia del microambiente osseo, gli scienziati si sono serviti delle tre principali tipologie cellulari coinvolte nel mantenimento della massa ossea, ovvero i precursori degli osteoblasti, (le cellule che depongono l’osso), gli osteociti (considerati i controllori del processo di rimodellamento osseo) e i precursori degli osteoclasti (ovvero le cellule che lo degradano). I tre tipi di cellule sono stati esposti a delle nanoplastiche fluorescenti di dimensioni pari a 50 nanometri. I ricercatori hanno verificato l’effettivo ingresso delle nanoplastiche nella cellula e hanno seguito  il loro percorso attraverso tecniche di imaging e citofluorimetria: le nanoplastiche vanno a localizzarsi a livello citoplasmatico.  

Sono stati poi valutati gli aspetti tossicologici, mediante saggi enzimatici e colorimetrici e parametri funzionali (mediante scratch test e saggi immunoistochimici). Gli scienziati hanno osservato che le nanoplastiche riducono la vitalità delle cellule, ne aumentano la morte e inducono la formazione di radicali liberi. 

Non solo. A livello funzionale le nanoplastiche alterano la capacità migratoria degli osteoblasti e potenziano il riassorbimento indotto dagli osteoclasti.

Una parte dello studio è stata dedicata ad analizzare l’effetto delle nanoplastiche a livello molecolare. I ricercatori hanno ricostruito nel dettaglio l’impatto sull’espressione di geni coinvolti nel mantenimento della massa ossea: il team di ricerca ha osservato un coinvolgimento di geni relativi all’innesco di processi infiammatori nei precursori degli osteoblasti e negli osteociti e un’induzione dei geni coinvolti nei processi differenziativi degli osteoclasti.

«Anche se saranno necessari ulteriori studi per delineare al meglio la complessa interrelazione tra nanoplastiche e rimodellamento osseo a livello della salute umana, questo studio ci permette di iniziare ad esplorare nuovi orizzonti inerenti ai contaminanti ambientali e al loro impatto sull’uomo», conclude Lavinia Casati. 

La ricerca è frutto della collaborazione interdisciplinare tra Lavinia Casati, ricercatore di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze della Salute della Statale di Milano, il laboratorio di Patologia Generale coordinato da Raffaella Chiaramonte, docente di Patologia Generale dello stesso Ateneo, e altri gruppi di ricercatori, tra cui il team di ricerca di Marco Parolini, docente di Ecologia del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali, i ricercatori del Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Parma.