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Sclerosi multipla, si lavora per prevenirla con un vaccino su misura
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    Immagine: Unknown photographer, Public domain, via Wikimedia Commons
redazione
Soltanto alcune varianti del virus sono in grado di aumentare il rischio di sviluppare la malattia. Immunizzare contro di loro potrebbe impedire di ammalarsi

Prevenire la sclerosi multipla, vaccinando contro il virus di Epstein Barr. Non, tuttavia, in maniera indifferenziata, ma mirando solo alle forme de virus che favoriscono la comparsa della malattia autoimmune. È la strategia messa a punto da ricercatori del Centro Sclerosi Multipla dell’Università Sapienza – Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma, illustrata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). 

Nel 2022 uno studio pubblicato sulla rivista Science ha scoperto che l’infezione con il virus di Epstein Barr, responsabile della mononucleosi, potrebbe rappresentare l’innesco che, nel corso della vita, dà poi il via alla comparsa della sclerosi multipla. Da quel momento, l’idea di prevenire la comparsa della malattia agendo, grazie a un vaccino,  alla radice del problema ha preso piede. C’è però un problema: circa il 90% delle persone entra in contatto con il virus di Epstein Barr, il più delle volte senza particolari conseguenze. Pensare di vaccinare tutta la popolazione contro il virus potrebbe non essere semplice. 

Una soluzione potrebbe essere fornita dal nuovo studio che mostra come soltanto alcuni sottotipi di virus, interagendo con specifiche peculiarità genetiche possedute dalla persona, aumentano il rischio di provocare la sclerosi multipla. 

«Questo risultato apre la strada alla possibilità di una vaccinazione selettiva, limitata a coloro che presentano le varianti del virus più ‘a rischio’, riducendo al minimo le resistenze alla vaccinazione e garantendo, al contempo, una protezione a chi ne ha più bisogno», commenta Marco Salvetti del Centro Sclerosi Multipla del Sant’Andrea-Sapienza.  

«La ricerca mostra anche come il virus sia associato alla sclerosi multipla in modo specifico, non riscontrabile in molte delle altre malattie autoimmunitarie esaminate», dice Rosella Mechelli, dell’Università Telematica San Raffaele di Roma. 

«Si tratta di risultati molto importanti e innovativi, che ci forniscono una chiave per spiegare perché un'infezione diffusa nel 90-95% della popolazione mondiale possa favorire l'esordio della sclerosi multipla solo in una piccola porzione di individui», dichiara Paola Zaratin direttore della Ricerca Scientifica di Aism-Fism.

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