L’ecstasy potrebbe diventare un farmaco. Presto all’esame dell’FDA per il disturbo da stress post-traumatico

Nuovi scenari

L’ecstasy potrebbe diventare un farmaco. Presto all’esame dell’FDA per il disturbo da stress post-traumatico

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Immagine: DEA, Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione
Se ne parla da tempo e ora la svolta potrebbe essere vicina. Negli Stati Uniti alcune droghe illegali potrebbero diventare farmaci per il trattamento di disturbi pischiatrici. C’è chi prevede l’approvazione dell’Fda per l’MDMA entro il 2024

Il farmaco raddoppia le possibilità di liberarsi del disturbo da stress post-traumatico (post-traumatic stress disorder,Ptsd) rispetto al placebo. Il farmaco in questione non è propriamente un farmaco, ma potrebbe diventarlo a breve. Si tratta infatti dell’MDMA, metilenediossimetanfetamina, l’ecstasy, la sostanza psicoattiva con bassi effetti allucinogeni la cui efficacia nel trattamento del disturbo psicologico è emersa in un trial clinico di fase 3 condotto su 90 persone: chi aveva ricevuto l’MDMA in combinazione con la psicoterapia aveva una probabilità due volte superiore di guarire rispetto a chi aveva assunto un placebo insieme alla psicoterapia. Ma non è questa la notizia.

I risultati dello studio erano già stati pubblicati su Nature Medicine a maggio del 2021. La novità consiste nel fatto che gli scienziati promotori di quel trial clinico, tra cui Rick Doblin il fondatore della Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS) convinto sostenitore dell’uso terapeutico di alcuni tipi di droghe, presenteranno nei prossimi mesi alla Food and Drug Administration la richiesta di autorizzazione per l’impiego dell’MDMA nel trattamento del disturbo da stress post-traumatico. Nel dossier che verrà sottoposto all’ente regolatorio probabilmente a ottobre saranno inseriti anche i risultati (positivi, a detta degli sperimentatori) di un trial clinico più ampio in procinto di essere pubblicati. 

È possibile quindi che entro il 2024 arrivi da parte dell’FDA l’approvazione per l’impiego terapeutico della sostanza psicoattiva. La decisione, come si legge su Nature on line, potrebbe segnare un punto di svolta per gli studi sulle sostanze psichedeliche sulle quali è stato finora difficile condurre ricerche perché classificate come illegali. Tante sono le droghe che potrebbero diventare oggetto di sperimentazioni: la ketamina, la ayahuasca (la liana dei morti), l’LSD (acido), la psilocibina (l'ingrediente attivo dei funghi allucinogeni) e molte sostanze chimiche sintetiche attualmente in fase di sviluppo.  Il terreno è stato già preparato: nel 2017, la stessa FDA aveva concesso lo status di “breakthrough therapy” sia all'MDMA che alla psilocibina, inserendo così i farmaci nella corsia preferenziale per l’approvazione.

Nel caso in cui l’FDA aprisse dicesse “sì” all’uso clinico delle droghe, gli Stati Uniti non avrebbero comunque il primato nell’inaugurazione della nuova fase. 

Lo scorso febbraio infatti l’Australia aveva autorizzato un trattamento a base di MDMA per il disturbo da stress post-traumatico e una terapia a base di psilocibina (sostanza presente in alcuni funghi allucinogeni) per la depressione resistente, avvertendo però che la somministrazione di entrambe le sostanze doveva avvenire secondo determinate regole e solo in alcune specifiche circostanze. 

Il percorso per l’approvazione dell’MDMA negli Stati Uniti non sarà comunque privo di ostacoli. Oltre alle pressioni politiche di chi teme il passaggio alla legalizzazione della droga, l’ente regolatorio dovrà risolvere alcune questioni formali che riguardano la procedura della sperimentazione.  

In realtà il timore di una legalizzazione è poco fondato. È molto probabile infatti che la versione approvata consisterà in una specifica formulazione dell’MDMA e non nella droga nelle sue versioni già diffuse, visto che tra l’altro la sostanza di per sé non potrebbe essere brevettabile (dato che è in circolazione dai primi del Novecento). 

L’altra questione invece è più delicata. Generalmente per avviare l’iter di approvazione di nuovo farmaco vengono richiesti almeno due studi in doppio-cieco controllati con placebo. Nel caso della sperimentazione con MDMA però è molto difficile, dati gli effetti evidenti del farmaco, che i terapisti e i pazienti possano ignorare la natura della sostanza somministrata. In queste condizioni c’è l’elevato rischio di avere risultati positivi falsati dovuti alla consapevolezza di avere assunto un farmaco con effetti benefici.  

Per ovviare a questo problema, l’FDA ha approvato un protocollo speciale per la sperimentazione dell’MDMA: al termine di ogni sessione di psicoterapia, i i sintomi dei pazienti vengono valutati da psicoterapeuti che non hanno somministrato il farmaco e non sanno chi lo ha assunto e chi no. L’ente regolatorio ha stabilito di basare la sua decisione sull’efficacia riportata seguendo queste indicazioni. Non si può escludere però che in sede di discussione qualche membro esterno del comitato con diritto di voto avanzi critiche sulle modalità di esecuzione del trial. 

L’altra questione da risolvere riguarda l’intervento degli psicoterapeuti. Nelle sperimentazioni che verranno valutate dall’ente regolatorio, gli psicoterapeuti guidano l'esperienza del paziente attraverso sessioni programmate che seguono un protocollo messo a punto dalla Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies. La particolare psicoterapia viene ritenuta parte integrante del trattamento. Ma l’FDA non può regolamentare la terapia dovendosi limitare a valutare l’efficacia del farmaco. Gli sperimentatori sperano che si arrivi comunque a indicare nel bugiardino che il farmaco deve essere prescritto in combinazione con la psicoterapia.