Malattie reumatologiche: il 61% di chi ne soffre ha abbandonato il lavoro
Sono più di sette su dieci (70,9%) le persone che sono state costrette a cambiare o modificare il proprio progetto di vita in seguito alla diagnosi di malattia reumatologica, con punte che arrivano all'83,3% tra coloro che hanno ricevuto la diagnosi prima del 2000, anno spartiacque per le cure in reumatologia grazie all’arrivo dei farmaci biologici. I principali ambiti in cui si manifestano questi cambiamenti riguardano il lavoro (71,7%), dove più di sei persone su dieci (60,8%) con una patologia reumatologica sono state costrette ad abbandonarlo o ridurlo; seguono lo sport (38,9%) e la sfera delle relazioni affettive con il partner (32,8%). In quest’ultimo caso più della metà del campione (56,6%) dichiara di aver avuto problemi nella relazione con il partner a seguito della diagnosi, con effetti diretti anche rispetto ai rapporti sessuali con difficoltà riscontrate per oltre tre persone su quattro (79,4%).
In generale, il 48,9% del campione di persone affette da una delle oltre 150 patologie reumatologiche dichiara che la qualità della vita è peggiorata dal momento della diagnosi, percentuale c he sale al 53,2% nella fascia di età compresa tra i 65 e i 75 anni.
Sono, questi, alcuni trai dati principali che emergono dall’indagine “Vivere con una patologia reumatologica”, promossa dall'Associazione persone con malattie reumatologiche e rare (Apmarr) in collaborazione con l’istituto di ricerca WeResearch. In Italia sono più di 5 milioni le persone affette da una delle oltre 150 patologie reumatologiche che rappresentano la seconda principale causa di disabilità in Europa dopo le malattie cardiovascolari.
Al momento della diagnosi, i sentimenti più diffusi sono stati la tristezza (49,2%), la paura (47,8%), lo smarrimento (44,9%) e l’ansia (43%). Oltre alla rabbia (39,8%) provata anche verso sé stessi, sentendosi quasi responsabili per non essersi presi cura a sufficienza della propria persona. Ansia (40,9%) e paura (37,6%) tornano come principali sentimenti negativi vissuti dalle persone affette da una patologia reumatologica anche nel momento dell’avvio della terapia farmacologia con solo il 9,1% che dichiara di essersi sentito tranquillo all’inizio delle cure. E si acuiscono ancora di più di fronte ai cambiamenti nella terapia farmacologica, piuttosto frequenti visto che il 41,5% del campione dichiara di aver modificato il farmaco per le cure da tre a quattro volte e quasi in un caso su cinque (17,9%) dalle cinque alle sei volte, che generano delusione in quasi quattro casi su dieci (39,1%), ansia nel 38,7% e paura nel 38,1% del campione, con la fiducia provata da meno di una persona su cinque (19,8%) e solo il 3,4% si è dichiarato tranquillo di fronte al cambiamento della terapia farmacologica.
«Come Apmarr siamo impegnati fin dalla nostra fondazione, avvenuta 40 anni fa, per tutelare e difendere il diritto alla salute delle persone con patologie reumatologiche e rare – ricorda Antonella Celano, presidente Apmarr - perseguendo la nostra mission: migliorare la qualità dell’assistenza per migliorare la qualità della vita». Una qualità della vita che, precisa Celano, «è ancora fortemente frenata rispetto a diversi ambiti quali, in primis, quello lavorativo e delle relazioni sociali. Chiediamo quindi alle Istituzioni interventi mirati con un rafforzamento del Piano nazionale della cronicità e un impegno costante per garantire il diritto alla salute».
Prendendo in considerazione il solo campione della popolazione generale senza patologie reumatologiche, risulta che l’85,7% ha sentito parlare di queste malattie contro un 15,3% che invece non le ha nemmeno sentite nominare, percentuale che sfiora un quinto del campione sia nella fascia d’età compresa tra i 16 e i 40 anni (18,3%) sia in quella tra i 65 e i 75 anni (19,1%) e nel Nord Ovest (18,4%). Risultati sconfortanti emergono anche rispetto alla prevenzione visto che il 78,3% degli italiani non ha mai effettuato analisi o controlli per verificare di essere affetto da una patologia reumatologica, una percentuale che sale ancora di più nella fascia d’età compresa tra 41 e 64 anni (80,5%). Tra quei pochi cittadini che si sono sottoposti a visite e screening preventivi contro le malattie reumatologiche i controlli, in più di un terzo dei casi (31,4%) risalgono a prima del 2018.
L’indagine rientra nell’ambito delle per il 40° anniversario dalla fondazione di Apmarr; i risultati sono stati presentati martedì 5 novembre in una conferenza stampa a Roma .A seguire si è tenuto l’evento istituzionale “Da ieri in poi. Viaggio nei 40 anni di APMARR”, un momento di confronto e di rievocazione dei cambiamenti intercorsi in questi 40 anni nella reumatologia in Italia senza dimenticare i bisogni insoddisfatti della comunità delle persone con questo tipo di patologie e i loro caregiver. «Proveremo a ripercorrere 40 anni in 90 minuti con 23 ospiti insieme ai quali immagineremo il tempo trascorso della nostra storia come un viaggio in treno» spiega Andrea Tomasini, consigliere nazionale di Apmarr. «L'immaginario del viaggio in treno, oltre a essere un classico dell'immaginario consente di affiancare all'idea della modernità e del progresso della locomotiva, le immagini del viaggio che scorrono dentro al finestrino della carrozza dove sono, ciascuno con il proprio bagaglio di esperienze e aspettative, sia il passeggero (la persona che vive con la patologia) sia il personale viaggiante (il medico, il ricercatore, l'uomo di sanità pubblica) i quali condividono il percorso secondo un punto di vista che l'associazione con la sua azione tende a voler rendere coincidente».