Tumori del sangue: il 70% dei pazienti può guarire

A Roma la SOHO Italian Conference

Tumori del sangue: il 70% dei pazienti può guarire

di redazione

Quindici anni fa i tumori del sangue davano scampo a non più del 30 per cento delle persone che ne erano colpite. Oggi la situazione si è ribaltata e il 70 per cento riesce a superare la malattia.

Un risultato importante, ottenuto grazie all’innovazione delle terapie, che vede l’Italia ai vertici della ricerca. Per costruire “un ponte della ricerca” fra Italia e Stati Uniti si è svola a Roma fino al 26 ottobre la quarta edizione della SOHO Italy annual Conference. SOHO Italy è l’estensione italiana della Society of Hematologic Oncology, fondata negli Stati Uniti nel 2012 dai ricercatori del MD Anderson Cancer Center di Houston. Presidenti di SOHO Italy e coordinatori dell’evento romano sono Giovanni Martinelli, direttore scientifico dell’Istituto romagnolo per lo studio dei tumori Dino Amadori di Meldola, Claudio Cerchione, ricercatore della Divisione di Ematologia dell’IRST Dino Amadori, e Hagop Kantarjian, direttore del Leukemia Department del MD Anderson Cancer Center di Houston in Texas.

I tumori del sangue più frequenti sono i linfomi, le leucemie e il mieloma multiplo, che ogni anno nel nostro Paese fanno registrare circa 30 mila nuovi casi. Le frontiere più avanzate della ricerca sono oggi costituite dalle CAR T e dagli anticorpi bispecifici.

«La terapia cellulare a base di CAR T – spiega Martinelli - ha favorito una rivoluzione epocale nella lotta contro i tumori del sangue. L’obiettivo è “risvegliare” il sistema immunitario, che per troppo tempo ha tollerato la crescita del tumore. Nei linfomi aggressivi, come quello non Hodgkin, grazie alle CAR T il 40% dei pazienti guarisce con una singola infusione. E sono in corso studi promettenti per il loro utilizzo anche nel mieloma multiplo, nella leucemia linfoblastica acuta dell’anziano e nella leucemia mieloide acuta».

Nel mieloma multiplo, che colpisce ogni anno quasi 6 mila persone in Italia, «la sopravvivenza mediana è passata nell’ultimo ventennio da 36 mesi a circa sette anni» osserva Cerchione, cosicchè «oggi possiamo parlare di cronicizzazione della malattia grazie alla ricerca. Siamo in grado di trattare al meglio anche la malattia refrattaria e recidivata, grazie all’immunoterapia». Si stanno ora affacciando farmaci con meccanismi d’azione ancora più innovativi, cioè gli anticorpi bispecifici, «che rappresentano la frontiera più estrema della medicina di precisione, in attesa di avere a disposizione anche nel nostro Paese le CAR-T. Stiamo raggiungendo importantissimi traguardi nel mieloma smoldering, dove individuare i pazienti ad alto rischio può permettere di frenare la progressione in mieloma multiplo».

Sempre più precise anche le terapie nella leucemia mieloide acuta, che colpisce ogni anno oltre 3 mila persone in Italia, soprattutto anziani. «Questo tumore del sangue - sottolinea Martinelli - rappresenta il modello per eccellenza della medicina personalizzata».

La storia delle terapie mirate è iniziata proprio dai tumori del sangue, in particolare dalla leucemia mieloide cronica che ogni anno, in Italia, fa registrare circa mille nuove diagnosi, soprattutto negli anziani. In questa neoplasia ematologica, oltre venti anni fa, è stata individuata per la prima volta una lesione genetica, che ha rappresentato il bersaglio della molecola capostipite delle terapie mirate, un inibitore della tirosin chinasi, ricorda Giuseppe Saglio, professore emerito di Ematologia all’Università di Torino. La leucemia mieloide cronica «costituisce quindi – sostiene - il vero e proprio paradigma delle terapie a bersaglio molecolare. Prima di queste molecole, le uniche alternative erano costituite dal trapianto di midollo, che richiede un donatore compatibile, e dall’interferone, a cui rispondeva meno del 20% dei pazienti. Con gli inibitori tirosin chinasici di prima e seconda generazione, lo scenario è cambiato e per questi pazienti l’aspettativa di vita è ottima».

Oggi, «il 70% delle persone colpite da tumori del sangue guarisce oppure ottiene una remissione completa» sostiene infine Martinelli. «Talvolta non vi è completa eradicazione della malattia – precisa - ma si ottiene una guarigione “funzionale”». Questi pazienti «si trovano in una condizione simile a quelli con ipertensione arteriosa o con diabete - conclude Cerchione - devono cioè assumere una terapia quotidiana, ma possono condurre una vita normale».