Disturbi alimentari, migliora la presa in carico. 132 centri di cura in Italia
Cresce l’attenzione ai disturbi dell’alimentazione. Sul territorio nazionale sono infatti presenti 132 centri di cura a cui si aggiungono 48 associazioni. È il dato che emerge dalla mappatura disponibile sulla piattaformadisturbialimentari.iss.it dell’Istituto Superiore di Sanità, presentata al convegno “La Mappatura territoriale dei centri dedicati ai Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione: le associazioni e i servizi di cura” che si è tenuto oggi all’Istituto, organizzato dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping (Cndd). Il lavoro, coordinato dal Cndd, è stato realizzato con il supporto tecnico e finanziario del Ministero della Salute-CCM.
«I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un alto tasso di cronicità, mortalità e recidiva. L'esperienza maturata dai professionisti del settore evidenzia l'importanza di un intervento integrato e precoce, per evitare che il disturbo diventi cronico con il rischio di danni permanenti che, nei casi più gravi, possono portare alla morte», ha affermato il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone. «La possibilità di rafforzare la collaborazione tra le diverse strutture dedicate risponde a queste esigenze e offre uno strumento pratico per orientarsi sul territorio, uno strumento utile a favorire l’incontro tra la domanda dei cittadini e l’offerta territoriale».
Dalla mappatura emerge una forte differenza territoriale nella distribuzione dei centri: dei 132 centri, quasi la metà (63) si trovano al Nord, 45 sono al Sud e nelle isole e 24 al Centro Italia. La Regione che registra il maggior numero di servizi dedicati è l’Emilia Romagna (23, di cui 10 centri Ssn, 4 afferenti al privato accreditato, 9 associazioni), seguita dal Piemonte (20, di cui 12 centri Ssn, 4 del privato accreditato e 4 associazioni). Nel complesso, 105 appartengono al servizio sanitario nazionale e 27 al sistema del privato accreditato.
La maggior parte dei centri è strutturato per prendere in carico utenti dai 13 ai 45 anni. Ma il 18% afferma di poter prendere in carico bambini di sei anni o meno e il 51% la fascia tra 7 e 12 anni. Il 78% anche persone con età superiore ai 45 anni. Rispetto alla modalità di accesso, nel 49% dei servizi è necessaria la prenotazione al Cup o la richiesta Ssn ma nel 33% dei casi la modalità di accesso ai centri è libera e senza impegnativa.
Complessivamente tra gli specialisti che lavorano nelle équipe vi sono prevalentemente psicologi, medici specialisti in psichiatria o neuropsichiatria infantile, dietisti e infermieri. Meno della metà dei centri (il 42%), afferma di avere posti letto dedicati esclusivamente ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, con percentuali variabili per ricovero di tipo psichiatrico o internistico, sia per minori sia per adulti.
«Il monitoraggio capillare effettuato sui servizi sul territorio dedicati ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione è un servizio che ci consente di aiutare in modo concreto e di essere vicini a coloro che hanno disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e alle loro famiglie», ha affermato – sottolinea Simona Pichini, direttore facente funzione del Centro nazionale Dipendenze e Doping. «Il nostro obiettivo è che con l’aggiornamento della piattaforma, che è costante, i cittadini trovino risposte ai loro quesiti in momenti nei quali essere tempestivi nella presa in carico può fare realmente la differenza».
«La mappatura dei servizi dedicati ai DNA di cui oggi abbiamo presentato l’aggiornamento consente di offrire al cittadino una panoramica a 360° delle risorse presenti sul territorio», rileva Luisa Mastrobattista, primo ricercatore del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Iss. «E per questo diamo la possibilità ai servizi censiti di inserire e aggiornare le informazioni in qualunque momento. Il censimento delle associazioni che si occupano di DNA, realizzato per la prima volta in questa mappatura, offre ai cittadini un ulteriore tassello di conoscenza che può risultare fondamentale per una presa in carico tempestiva; l’orientamento sul territorio verso i servizi di cura pubblici e del privato accreditato delle persone affette da DNA e dei loro familiari, infatti, passa anche dalle associazioni che possono offrire un supporto prezioso», conclude Mastrobattista.