Hai la psoriasi? Mettiti a dieta

L'ipotesi

Hai la psoriasi? Mettiti a dieta

di Roberta Villa
La malattia è più frequente tra le persone sovrappeso e tende a peggiorare se si ingrassa. Ma ora si sa che è vero anche il contrario: dimagrendo si può migliorare sia la linea sia l’aspetto della pelle

Da tempo si conosce il legame tra i chili di troppo e una delle più comuni malattie della pelle, la psoriasi: all’aumentare del peso, per le persone predisposte, cresce anche il rischio di ammalarsi oppure, in chi già presenta le tipiche chiazze arrossate e tendenti a desquamare, aumentano il loro numero e la loro estensione. La psoriasi è una condizione cronica non infettiva che nella maggior parte dei casi non è grave, ma che, quando si estende ad ampie parti del corpo, può compromettere la qualità della vita e mettere a disagio nelle relazioni. 

Ci sono vari tipi di trattamenti, dall’applicazione topica di creme e pomate alla fototerapia, fino all’uso di farmaci per bocca o per iniezione nei casi più gravi. Purtroppo nessuno di questi rimedi permette la sconfitta definitiva della malattia, che può regredire ma poi tende a tornare nel corso della vita. 

Ora però un gruppo di ricercatori statunitensi, sulla rivista JAMA Dermatology, ha dimostrato che il legame tra pelle e grasso vale anche in senso opposto: se è vero che ingrassare peggiora l’andamento della psoriasi, perdere peso può aiutare a migliorarne i sintomi. «Una sessantina di pazienti che, oltre a soffrire di psoriasi, erano anche obesi sono stati divisi in due gruppi» spiega Peter Jensen, dell’Università di Copenaghen, primo autore della ricerca. «Gli uni sono stati messi rigorosamente a dieta in una prima fase di attacco con un regime ipocalorico tra le 800 e le 1000 calorie, mantenuto per otto settimane, seguito da altre otto settimane con un apporto calorico di 1200 calorie; gli altri, di controllo, sono stati solo istruiti a mangiare più sano». Alla fine del periodo di studio la perdita di peso in media è stata di oltre 15 chili, ovviamente molto maggiore nel gruppo messo a stecchetto. Al calo di peso si è accompagnata una riduzione del punteggio PASI (Psoriasis Area and Severity Index) che indica la gravità della malattia cutanea e DLQI (Dermatology Life Quality Index) che misura la qualità di vita dei pazienti con patologie dermatologiche. 

«Questi risultati tuttavia non sono del tutto convincenti dal punto di vista statistico, per una serie di limiti metodologici dello studio» hanno obiettato in un editoriale di accompagnamento al lavoro Michael Caglia e Gerald Krueger, della University of Utah School of Medicine. «Ciò non toglie che la ricerca sia incoraggiante, anche perché è la prima ad aver indagato la possibilità di controllare l’andamento malattia con la dieta». 

I severi commentatori statunitensi hanno però sottolineato altri punti deboli della ricerca, condotta su un piccolo numero di pazienti, per un tempo breve, con il principale ricercatore che era a conoscenza di quali pazienti erano messi a dieta e quali no, consapevolezza che poteva introdurre quel che gli esperti chiamano un bias, cioè una potenziale fonte di errore, in questo caso la tendenza a sottolineare di più i progressi in questo gruppo che non nell’altro. A influire sui risultati potrebbe essere stata anche la selezione dei pazienti, con forme della malattia poco gravi, ma disposti a sottoporsi a un regime molto severo, lo stesso che ha determinato i maggiori miglioramenti proprio nelle prime otto settimane della ricerca. «In effetti i punteggi relativi alla gravità della malattia tendevano a risalire tra la prima e la seconda fase, quando i pazienti ricominciavano a mangiare un po’ di più».

Queste osservazioni aprono la strada a molte osservazioni sui possibili meccanismi con cui la perdita di peso (o la deprivazione calorica) potrebbero influire sulla psoriasi. Si parla dello stato di infiammazione cronica caratteristico dell’obesità, che potrebbe ridursi con il dimagrimento, togliendo per così dire benzina alla malattia della pelle. Nei pazienti messi a dieta si è anche osservato un significativo calo dei livelli di glicemia e di insulina nel sangue rispetto ai controlli. Infine, il fenomeno può avere anche una spiegazione più semplice: poiché i pazienti erano in cura con medicinali, che hanno continuato a prendere durante l’esperimento, non si può escludere nemmeno che questi, mantenuti alla stessa posologia, siano stati resi più efficaci dalla perdita di peso, come se fosse aumentata la loro dose per ogni chilo di peso corporeo.