Con l’innesto osseo prodotto da staminali la frattura guarisce prima e meglio

Innovazione

Con l’innesto osseo prodotto da staminali la frattura guarisce prima e meglio

di redazione
Impiantata in un osso danneggiato, la speciale matrice sviluppata a partire da cellule staminali permette la riparazione della frattura nella metà del tempo impiegato dagli innesti tradizionali. 

Nella maggior parte dei casi basta un gesso e un po’ di pazienza. Ma alcune fratture delle ossa si riparano con maggiore difficoltà. I casi più complessi richiedono il ricorso a un innesto osseo. Ovviamente la riuscita dell’intervento dipende in gran parte dalla qualità del materiale introdotto nell’ossatura danneggiata.

Ora un gruppo di ricercatori della Texas A&M University in collaborazione con l’Hospital Muenster in Germania ha realizzato l’innesto ideale, capace di riparare l’osso in modo rapido e preciso, potenziando al massimo gli effetti dell’intervento chirurgico. 

«Possono verificarsi diversi problemi con gli impianti ortopedici, come infiammazione e dolore. Inoltre, gli innesti possono allentarsi, richiedendo interventi di correzione che sono spesso più complicati della chirurgia originale», afferma Roland Kaunas, professore associato presso il dipartimento di ingegneria biomedica della Texas A&M University, tra gli autori dello studio. 

I ricercatori sostengono che accelerando il processo di guarigione dell’osso, il loro innovativo materiale potrebbe ridurre notevolmente il numero di casi di riparazioni ossee non del tutto riuscite, che viene stimato in 600mila all’anno solo negli Stati Uniti. 

L’innesto osseo tradizionale ha una doppia provenienza: da altre ossa del paziente stesso oppure da ossa di donatori deceduti opportunamente lavorate. Entrambe le soluzioni hanno dei limiti. 

Gli autoinnesti richiedono un ulteriore intervento chirurgico per l'estrazione del tessuto osseo, aumentando così i tempi di recupero per i pazienti con il rischio di provocare dolore cronico. D'altra parte, gli innesti derivati dall'osso di donatori deceduti sono meno efficaci perché privi di molte delle biomolecole che promuovono la riparazione ossea.

Per realizzare un materiale migliore, i ricercatori hanno pensato di utilizzare le cellule staminali mesenchimali capaci di maturare nelle cellule della matrice extracellulare utilizzata dalle ossa per la crescita. 

Le staminali mesenchimali però sono cellule estratte dal midollo osseo degli adulti con limitate capacità di divisione e proliferazione. Per ovviare a questo problema, gli scienziati si sono rivolti alle cellule progenitrici delle mesenchimali, le cellule staminali pluripotenti. A differenza delle cellule mesenchimali adulte che hanno una durata relativamente breve, queste cellule primitive continuano a proliferare, creando così una scorta illimitata di cellule staminali mesenchimali necessarie per creare la matrice extracellulare su cui far crescere gli innesti ossei. Inoltre le cellule pluripotenti possono essere prodotte riprogrammando geneticamente le cellule adulte (si tratta delle cosiddette iPSCs, acronimo di cellule staminali pluripotente indotte).

La matrice extracellulare realizzata con questa procedura è biologicamente più attiva rispetto a quella derivata dalle cellule mesenchimali provenienti dalle ossa adulte. 

Impiantata in un osso danneggiato, la matrice permette la riparazione della frattura nella metà del tempo impiegato dagli innesti tradizionali. 

«Il nostro materiale è molto promettente perché le cellule staminali pluripotenti possono idealmente generare molti esemplari della matrice extracellulare da un solo donatore semplificando così notevolmente la produzione su larga scala di questi innesti ossei», scrivono i ricercatori. 

Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.