Linfedema: parte un “percorso di educazione terapeutica” per i pazienti oncologici

Il progetto

Linfedema: parte un “percorso di educazione terapeutica” per i pazienti oncologici

di redazione

Cinquecento pazienti, suddivisi in gruppi omogenei per caratteristiche cliniche, saranno seguiti per cinque anni con l’obiettivo di realizzare un “percorso di educazione terapeutica” per i malati oncologici a rischio o colpiti da linfedema degli arti: è quanto prevede il nuovo progetto di ricerca promosso dalla Fondazione per la medicina personalizzata-(Fmp), presentato venerdì 10 maggio a Roma.

Un team multidisciplinare di medici, chirurghi, fisioterapisti, psiconcologi, radiologi, nutrizionisti, genetisti e bioinformatici guiderà i pazienti e i caregiver lungo un percorso finalizzato alla prevenzione primaria del linfedema e allo sviluppo di una maggiore autonomia nella gestione della condizione clinica.

«Intendiamo migliorare la qualità della vita e al tempo stesso ridurre il peso della malattia sui sistemi sanitari» spiega Paolo Marchetti, presidente della Fmp e direttore scientifico dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata-(Idi) di Roma. 

Nel nostro Paese si stimano ogni anno più di 40 mila nuove diagnosi di linfedema tra forme primarie e secondarie. È una patologia cronica ad andamento spontaneamente evolutivo e si caratterizza per un ristagno di fluidi nel tessuto sottocutaneo. Colpisce soprattutto gli arti superiori e inferiori. In Italia interessa una donna su cinque operata per carcinoma mammario, il 65% di quelle colpite da tumore ginecologico e il 40% degli uomini con neoplasia prostatica. Viene di solito diagnosticato in fase avanzata anche perché vi è la tendenza a sottovalutarlo.

Il linfedema, «non è un problema di salute secondario o un semplice danno estetico» avverte Federica De Galitiis, direttrice dell’Unità di Oncologia dell’Idi e «se viene trascurato può causare disabilità sia a livello fisico che psicologico».

«Vogliamo arrivare a un nuovo Percorso basato su un approccio proattivo alla cronicità» precisa Annarita Panebianco, direttrice sanitaria dell’Idi. «Risulta perciò essenziale la sinergia di azione tra il personale medico-sanitario, i pazienti, i caregiver e le associazioni dei malati – sottolinea - che insieme diventano parte integrante e attiva di un percorso assistenziale condiviso».

Le cure «vanno dalla fisioterapia alla chirurgia passando per l’uso di alcuni farmaci specifici» aggiunge  Roberto Bartoletti, fisioterapista dell’Ambulatorio di Prevenzione, diagnosi e cura del linfedema e del flebolinfedema dell’Idi, ai quali si aggiungono «piccoli accorgimenti che i pazienti possono mettere in atto nella quotidianità per migliorare la propria condizione. Il trattamento del linfedema – conclude - si avvale anche del rispetto di adeguati stili di vita, in particolare l’igiene alimentare e fisica».