Vulvodinia: ne soffre una donna su sette, ma medici e Ssn finora l’hanno ignorata
Un dolore bruciante o pungente come se a provocarlo fossero degli spilli, intermittente oppure continuo, così forte da compromette la qualità di vita. Un dolore che colpisce una delle parti più intime del corpo femminile, la vulva. Quando dura da almeno 3-6 mesi e non è riconducibile a lesioni, infezioni o altre specifiche patologie, probabilmente si tratta di vulvodinia. Una patologia non riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale e spesso ignorata dai medici che tendono a liquidarla come disturbo psicosomatico di cui soffre fino al 18 per cento delle donne. La diagnosi arriva in media con 5 anni di ritardo. E dopo la diagnosi molte donne rinunciano alle cure, non potendole sostenere di tasca propria o perché pochi specialisti si occupano del problema. Eppure, gli strumenti per tornare a stare bene esistono. Tra questi, un gel per uso topico, presto disponibile nel nostro Paese, ha dimostrato di ridurre la vestibolodinia, il tipo più frequente di vulvodinia (80% dei casi), di oltre il 70 per cento. È il primo prodotto sviluppato con indicazione primaria per questa patologia e testato nell’ambito di uno studio clinico.
Se ne è parlato martedì 16 gennaio in una conferenza alla Sala stampa della Camera dei Deputati, dal titolo “Vulvodinia: guarire si può?!”.
«La vulvodinia è tutt’altro che rara: colpisce dal 10 al 18 per cento delle donne nell’arco della vita. Nonostante il suo pesante impatto sulla sessualità e sulla qualità di vita generale delle pazienti, la malattia non è attualmente inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il che si traduce nell’assenza di esenzione per patologia, nella non copertura di tutta una serie di trattamenti e nella mancanza di centri ad hoc, in ambito di sanità pubblica, capaci di affrontare il problema. Una proposta di legge per l’inserimento della vulvodinia nei LEA e il suo riconoscimento quale condizione cronica e invalidante è stata depositata già due anni fa a entrambe le Camere. È cruciale far ripartire l’iter per la sua approvazione e rendere, così, le cure davvero accessibili su tutto il territorio nazionale», ha dichiarato Filippo Murina, direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia Onlus, Responsabile Servizio di Patologia del Tratto Genitale Inferiore presso l'Ospedale V. Buzzi – Università degli Studi di Milano.
L’evento, organizzato sotto l’egida dell’Accademia di Salute Pubblica (Public Health Academy) e con il supporto incondizionato di Techdow, ha visto riuniti rappresentanti del mondo politico-istituzionale, della comunità scientifica e dell’associazionismo, che hanno fatto luce sulla malattia, evidenziandone i bisogni clinici, assistenziali e organizzativi, accanto alle opzioni terapeutiche attuali e future.