Immunoterapia, l’incompresa delle terapie oncologiche
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Immunoterapia, questa sconosciuta. Forse non proprio ignorata del tutto, ma sicuramente incompresa. È difficile a credersi perché da circa dieci anni continua a far notizia per i progressi nella lotta al cancro, ma la terapia che attiva il sistema immunitario per combattere il tumore, talmente rivoluzionaria da essere stata considerata una scoperta da Nobel, è poco conosciuta sia tra i pazienti che tra i medici non specializzati in oncologia. Insomma, al di fuori della cerchia ristretta degli oncologi, se ne sa davvero poco. I pazienti per lo più ne ignorano il meccanismo d’azione, i medici non-oncologi tentennano su prognosi ed effetti collaterali. A un esame sull’immunoterapia verrebbero bocciati gli uni e gli altri. Almeno così suggeriscono i risultati di due differenti indagini, una tra i pazienti e l’altra tra i medici, presentate al congresso ESMO 2021.
Immunoterapia, l’incompresa tra i pazienti
Per valutare la conoscenza dei pazienti sull’immunoterapia, gli ideatori della piattaforma CareAcross, uno strumento multilingue di informazione dedicato ai pazienti oncologici, hanno condotto un’indagine tra 5.500 iscritti del Regno Unito, Francia, Italia, Spagna e Germania. Agli intervistati sono state rivolte alcune domande sull’immunoterapia, il meccanismo d’azione (come funziona l’immunoterapia?), la tempistica dei progressi (dopo quanto tempo agisce?) o gli effetti collaterali (superiori o inferiori a quelli della chemioterapia?)
Gli intervistati hanno raggiunto a mala pena la sufficienza: «La maggior parte dei pazienti non ha conoscenze sufficienti dell’immunoterapia, del suo suo meccanismo d’azione e dei suoi costi per il sistema sanitario», scrivono gli autori nelle conclusioni. Tra i pazienti oncologici i più informati, ma comunque non abbastanza, sono quelli con tumore ai polmoni, specialmente quelli che sono stati sottoposti a immunoterapia. Neanche loro però hanno le idee chiare sugli effetti collaterali che ritengono, sbagliando, di gran lunga inferiori rispetto a quelli della chemioterapia.
Entriamo nel dettaglio delle risposte. Gli intervistati erano pazienti con quattro tipi diversi di tumore, al seno, ai polmoni, alla prostata e al colon-retto. La metà dei partecipanti, indipendentemente dalla diagnosi, non ha saputo scegliere la risposta corretta tra un ventaglio limitato di possibilità alla domanda “come funziona l’immunoterapia” e ha optato per l’opzione “non lo so”. Solo un terzo dei pazienti (32%) ha selezionato la risposta corretta “attiva il sistema immunitario per uccidere le cellule cancerose”.
Più della metà del campione crede che l’immunoterapia agisca immediatamente e solo un intervistato su cinque sa che invece ci vogliono alcune settimane prima che il trattamento diventi efficace.
«Saperlo è importante perché i pazienti devono iniziare la terapia con aspettative realistiche, ad esempio per evitare delusioni quando i loro sintomi impiegano del tempo a scomparire», ha commentato Paris Kosmidis, Chief Medical Officer di CareAcross a capo dello studio.
I ricercatori sono rimasti infine stupiti anche della scarsa o del tutto assente consapevolezza dei costi delle terapie per il sistema sanitario che possono superare i 100mila euro all’anno per un singolo paziente. La maggior parte degli intervistati pensa che la chemioterapia sia la più costosa tra tutte le terapie oncologiche.
Le lacune dei medici non oncologi
L’immunoterapia ha fatto da spartiacque nelle prognosi dei pazienti per alcuni tipi di tumore. Si prenda il melanoma: fino a poco tempo fa la malattia in fase avanzata non lasciava speranze, oggi con l’immunoterapia la sopravvivenza a 5 anni è del 52 per cento. Sono pochi i medici però, accezione degli oncologi, a saperlo.
Molti camici bianchi con specializzazioni diverse dall’oncologia non sono in grado di fare una prognosi affidabile e aggiornata per i diversi casi di tumore. Lo hanno constatato i ricercatori del Bon Secours Hospital Cork in Irlanda che hanno condotto un’indagine tra 301 medici non oncologi e 46 oncologi. Ai partecipanti è stato chiesto di stimare il tasso di sopravvivenza a 5 anni per 12 tipi di tumore in tutti gli stadi della malattia. Le risposte sono state confrontate con i dati del National Cancer Registry of Ireland (NCRI). Entrambi i gruppi hanno sottostimato la sopravvivenza del tumore alla prostata e del melanoma, ma i medici non oncologi hanno assegnato meno anni di vita rispetto a quelli promessi dalle nuove terapie anche ai pazienti con tumore al seno, linfoma di Hodgkin, e tumore ai reni. I medici non oncologi hanno saputo indicare la prognosi corretta solo per due tipi di tumore dimostrandosi negli altri casi eccessivamente pessimisti.
«Questi risultati sono in linea con quanto ci aspettavamo perché la maggior parte delle conoscenze di oncologia dei medici non specialisti risale agli anni della formazione, quindi è probabile che la loro percezione della prognosi di tumore non sia aggiornata sui progressi sulla sopravvivenza raggiunti negli ultimi anni», afferma Conleth Murphy coautore dello studio presentato al Congresso Esmo.
Per evitare di presentare ai pazienti uno scenario più cupo di quello reale, i ricercatori invitano tutti i medici che visitano abitualmente i malati di cancro di tenersi aggiornati sui progressi delle terapie e comunque di evitare di dare indicazioni sulle possibilità di sopravvivenza che contengano un numero. «Nel nostro sondaggio, abbiamo osservato che uno dei tassi di sopravvivenza a cinque anni più ampiamente sottovalutati tra i non oncologi era quello del cancro al seno in stadio IV, che si è evoluto considerevolmente nel tempo e ora raggiunge il 40 per cento in Irlanda. A questi pazienti devono essere risparmiati gli effetti traumatici di una condanna a morte che non riflette più la realtà attuale», conclude Murphy.