Dopo l’autorizzazione dell’EMA, cioè l'Agenzia regolatoria europea, i pazienti oncologici del nostro Paese devono aspettare ancora 441 giorni, cioè più di 14 mesi, per accedere ai nuovi trattamenti anticancro. L’Italia è più rapida rispetto alla media europea (586 giorni), ma troppo lontana dalla Germania, il Paese più veloce, dove ne bastano 110. Non solo. A questi tempi molto lunghi, in Italia si aggiungono gli ostacoli ulteriori burocratici territoriali, determinati dall’inserimento delle nuove molecole anticancro nei Prontuari terapeutici regionali.
È la denuncia dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) dal Convegno “Cancer Research: from Chicago to Bari” (23 e 24 maggio).
Un esempio di disparità territoriali da risolvere è quello del carcinoma della prostata. Il primo radioligando rimborsato per il trattamento del tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione, a distanza di quasi tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’approvazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), non è ancora disponibile in tutte le 16 Regioni dotate di strutture abilitate a somministrarlo. Il Piemonte, infatti, non ha emanato la nota di riconoscimento dei centri prescrittori, con la conseguenza che i pazienti di questa Regione non possono accedere a questa cura innovativa.
«Oggi un paziente che risiede in Piemonte, se vuole accedere al nuovo trattamento, deve recarsi in centri abilitati di altre Regioni - osserva Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom - e tra l’altro spesso la persona con questa neoplasia in stadio avanzato è anziana e fragile, per cui ha difficoltà a spostarsi. La soluzione non può essere rappresentata dal rimborso del farmaco fuori Regione. Inoltre, i Centri possono avere difficoltà a soddisfare il fabbisogno “interno” di questa terapia e talvolta non riescono a farsi carico anche di malati provenienti da altri territori».
«L’innovazione porta davvero benefici se è garantita equamente a tutti i pazienti» avverte Francesco Perrone, presidente Aiom. «Quando un oncologo, nel rispetto dei “paletti” prescrittivi imposti da Aifa, richiede un trattamento – prosegue - andrebbero evitate lungaggini burocratiche e ulteriori valutazioni locali, talvolta istituite per controllare la spesa farmaceutica, ma che rischiano di avere conseguenze negative sui tempi di accesso al farmaco, nonché sul carico di lavoro del professionista».