Menopausa, l’importante è non scegliere la terapia ormonale sostitutiva perché si ha paura di invecchiare
Terapia ormonale sostitutiva, sì o no? Questa volta la questione viene affrontata da una prospettiva diversa, non strettamente medica. Perché l’articolo apparso sul BMJ non è l’ennesimo studio su efficacia e sicurezza del trattamento a base di ormoni per le donne in menopausa, ma una riflessione sociologica sulla medicalizzazione di una fase naturale della vita. Diciamolo subito: gli autori non puntano il dito contro nessuna scelta (prendere o non prendere gli ormoni), ma si chiedono se le donne siano effettivamente libere di decidere cosa fare o se invece non siano troppo condizionate da un modello di femminilità molto in voga nelle società occidentali che in sostanza spinge a far di tutto per restare giovani perché invecchiare è un tabù.
Martha Hickey dell’Università di Melbourne del Royal Women’s Hospital Victoria, in Australia e i colleghi che hanno sollevato la questione non hanno alcuna intenzione di mettere in dubbio i benefici che la terapia ormonale sostitutiva può avere per le donne che sviluppano i disturbi tipici della menopausa, vampate, difficoltà nel sonno, irritazione, mancanza di concentrazione, dolori articolari ecc…
Ma vogliono assicurarsi che nella scelta di assumere gli ormoni non pesi troppo l’atteggiamento discriminatorio nei confronti di chi invecchia, il cosiddetto “agesimo”. Ci sono donne, forse poche e forse particolarmente fortunate, che riescono addirittura ad apprezzare gli aspetti positivi della menopausa: niente più mestruazioni, niente più disturbi premestruali e niente più contraccezione. Qualcuna si accorge che tutto sommato questo passaggio della vita non è un dramma, anzi è molto meglio di come viene generalmente descritto.
«Nelle società in cui le donne sono apprezzate per la loro giovinezza e fertilità, la menopausa è sinonimo di declino. La convinzione che l'invecchiamento possa essere ritardato o invertito dalla terapia ormonale sostitutiva (TOS) persiste ed è rafforzata dai media, dalla letteratura medica e dalle informazioni rivolte alle donne, spesso condizionate da interessi di marketing», scrivono gli autori dell’articolo.
Gli scienziati, va puntualizzato nuovamente, non vagheggiano un ritorno alla natura sostenendo che sia sbagliato intervenire con i farmaci per modificare il corso della biologia, ma vorrebbero che le scelte mediche non fossero influenzate dallo stigma sulla menopausa e sull’invecchiamento. Per questo, chiedono agli incaricati delle politiche sanitarie di intervenire con programmi ad hoc per sensibilizzare l'opinione pubblica e ridurre lo i preconcetti sulla menopausa e l'invecchiamento e per aiutare a migliorare l'esperienza delle donne. «Normalizzare l'invecchiamento nelle donne e celebrare la forza, la bellezza e i risultati delle donne anziane può cambiare la narrativa e fornire modelli positivi», scrivono gli autori.
Insomma, bisogna restituire alle donne il diritto di scegliere liberamente come invecchiare senza lasciarsi influenzare dagli stereotipi della società.