Servizio sanitario: mancano 30 mila medici, 70 mila infermieri e 100 mila posti letto
In dieci anni il Servizio sanitario nazionale ha subito un “taglio” di 125 nosocomi tra ospedali pubblici e strutture private: erano 1.120 nel 2011 e si sono ridotte a 995 nel 2021. Il “taglio”, in particolare, ha colpito 84 strutture pubbliche. Non solo: al sistema sanitario pubblico mancano anche 300 mila medici ospedalieri e 70 mila infermieri. Numeri che fanno dubitare delle intenzioni dei Governi che si sono succeduti nel corso di decenni, ormai, di voler sostenere quel Ssn che praticamente tutti, a parole, dichiarano di ritenere una grande conquista di civiltà del nostro Paese. E che invece è in grandissima e sempre maggiore difficoltà.
Con l'obiettivo di porre un argine al progressivo depotenziamento della sanità pubblica italiana, in una conferenza stampa a Roma giovedì 25 maggio il Forum delle trenta Società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani (Fossc) ha chiesto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Governo «provvedimenti urgenti per salvare gli ospedali».
La crisi del sistema è nei numeri. A quelli già ricordati ci sono da aggiungere quasi 21.500 posti letto eliminati in un solo anno dopo che erano stati aumentati per affrontare la pandemia: nel 2020 erano 257.977, per poi scendere a 236.481 nel 2021. Mancano i medici specialisti ospedalieri: oggi sono circa 130 mila, cioè 60 mila meno della Germania e 43 mila meno della Francia. Come se non bastasse, si assiste anche a un consistente esodo di medici neolaureati e specializzandi, più di mille l’anno, perché all’estero gli stipendi e le condizioni di lavoro sono sensibilmente migliori. In particolare, nei Pronto soccorso la carenza di personale è quantificabile in 4.200 camici bianchi (in sei mesi, da gennaio a luglio 2022, se ne sono dimessi 600, quasi cento al mese).
Quanto ai finanziamenti, già quest'anno l'aumento della dotazione del fondo sanitario decisa dal Governo non basterà a coprire l'inflazione e la previsione della spesa sanitaria sul Pil per il periodo 2023-2026 registrerà un calo dal 6,9 per cento del Prodotto interno lordo nel 2022 al 6,3% nel 2024 e al 6,2 per cento nel 2025 e 2026. Cioè meno del 6,4 per cento di prima della pandemia. Peraltro, nel triennio 2024-2026 il Documento di economia e finanza (Def) approvato ad aprile dal Governo stima una crescita media annua del Pil nominale del 3,6%, mentre la spesa sanitaria crescerà solo dello 0,6 per cento. Tutto questo a fronte di una media di investimenti dell’8,8% sul Pil dei 37 Paesi dell’OCSE e del 10% circa di Francia e Germania.
«Il diritto alla salute è in grave pericolo nel nostro Paese. La situazione degli ospedali – avverte Francesco Cognetti, coordinatore del Forum - è davvero pesante, non più tollerabile e necessita di interventi adeguati e tempestivi. La crisi del sistema ospedaliero, a causa delle politiche deliberatamente anti ospedaliere dei precedenti Governi, paradossalmente ignorata dal Pnrr, è innegabile e ha raggiunto livelli di tale criticità da creare per la prima volta in tutti noi un enorme problema deontologico».
Il ministro della Salute Schillaci sta per istituire un Tavolo tecnico di confronto sulle criticità del Decreto ministeriale n.70 del 2015 e del Decreto ministeriale n.77 del 2022. «Ma esiste un problema di risorse» sottolinea Cognetti, e «non siamo più disposti ad assecondare, a scapito dei nostri doveri morali, le scelte politiche sbagliate che da anni, nostro malgrado, stiamo subendo come medici, con conseguenze estremamente dannose per i nostri 15 milioni di pazienti. Siamo sempre stati dalla parte dei malati e per nessun motivo intendiamo venire meno ai nostri doveri nei loro confronti. Per questo – conclude Cognetti - chiediamo al Presidente Meloni di adottare provvedimenti urgenti».